Un uomo sempre scontento di sé e degli altri continuava a brontolare perché diceva: “Ma chi l’ha detto che ognuno deve portare la sua croce? Possibile che non esista un mezzo per evitarla?”.
In un sogno vide che la vita degli uomini sulla terra era una sterminata processione ognuno camminava con la sua croce sulle spalle lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo l’altro.
Anche lui era nell’interminabile corteo e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po’ si accorse che la sua croce era molto lunga: per questo faceva tanta fatica ad avanzare.
Decise allora di chiedere consiglio ad un fundraiser, uno di quelli veramente esperto, e che a volte si dimentica della “buona causa”, perchè ha il problema della “performance”. Il fundraiser gli disse: “Per fare meno fatica, e ottenere subito degli ottimi “risultati”, accorcia d’un bel pezzo la tua croce, vedrai che performance!”. .
Così fece e subito si accorse che ora poteva camminare molto più spedito e leggero. E senza tanta fatica giunse a quella che sembrava la meta della processione degli uomini. Era un burrone: una larga ferita del terreno, oltre la quale però incominciava la terra della felicità. Era una visione incantevole quella che si vedeva dall’altra parte del burrone. Ma non c’erano ponti, né passerelle per attraversare. Eppure, gli uomini passavano con facilità: ognuno si toglieva la croce dalle spalle, l’appoggiava sui bordi del burrone e poi ci passava sopra. Le croci sembravano fatte su misura: congiungevano esattamente due margini del precipizio.
Passavano tutti, ma non lui.
Aveva accorciato la sua croce e ora era troppo corta e non arrivava dall’altra parte. Si mise a piangere e a quel disperarsi: aveva compreso la pochezza di quel canone di razionalità ed il suo tradimento.
Ma, ormai, era troppo tardi.
(Adattato da un racconto di anonimo)
A margine della festa natalizia 2005, e con l’augurio di un anno veramente nuovo, cioè diverso,
Valerio M.