9 Dicembre 2005

Ecco di cosa il fund raising può non tener conto…

Ricevo e volentieri pubblico questo simpatico pezzo (anche se un po’ polemico) tratto da ECOBLOG, scritto da EUGENIO ORSI.
Devo subito dirvi che non lo condivido.
Ogni persona è libera di cestinare e di criticare qualunque sollecitazione a donare che gli arriva da qualunque organizzazione nonprofit, ma, perbacco, ogni organizzazione nonprofit deve essere libera di mandare una lettera (che rispetti i limiti della decenza e del buon senso), a chiunque. Se ci impediranno anche questo, e in parte la FOLLE normativa sulla privacy ci è riuscita, ci impediranno di dire cose al di fuori dei canali controllati della comunicazione. Non a caso spedire una lettera o telefonare a qualcuno è detto “marketing diretto”. Ovvero diretto, senza intermediazioni, senza censure, senza compromessi. Un dialogo diretto fra me e te. Penso, per dirla chiara, che l’attuale legge della privacy, sia un attentato alla democrazia.
Ma le osservazioni che leggo in questa lettera sono ragionevoli (oltre che simpatiche) e anche molto realiste, e di certo bisogna tenerne conto. Ve la inoltro così come mi è arrivata. Buona settimana. VMIeri ho trovato in posta una busta speditami dal WWF.
L’ennesima.
Eppure avevo sospeso l’iscrizione proprio perché a me interessava solo il loro mensile d’informazione e non mi piaceva il ritmo ossessivo con cui sprecavano carta mandandomi lettere e cataloghi che mi chiedevano di volta in volta di salvare foche, balene, panda ed ogni altra specie bandiera immaginabile.
Ogni mese un nuovo animale aveva bisogno del mio aiuto.
E il tono del discorso negli opuscoli lasciava spazio a pochi equivoci: evitare la donazione equivaleva grossomodo ad emettere una sentenza di morte per quelle povere creature.
Con tutto che io mi ero già iscritto, e che quindi la mia donazione annuale la stavo facendo. Ma al Wwf, evidentemente, la donazione annuale non è sufficiente: chi si iscrive deve partecipare alla sua spirale di donazioni, se non vuole marcire nei sensi di colpa. La busta pervenutami ieri mi ha costretto a constatare che sospendere l’iscrizione all’associazione non è bastato per uscire dal giro. “Voglio pensare che le ultime copie [del catalogo] siano andate perdute” – mi scrive il presidente Fulco Pratesi.
E così oggi ho il nuovo catalogo autunno-inverno del “Panda Shop” che domani butterò via.
Che poi qualche gadget ecologico lo comprerei pure, se non fosse che, incredibilmente, il catalogo propone poco o nulla in questo senso – e questo è l’aspetto che mi disturba di più. Le magliette sono al 100% in cotone, ma il cotone non è biologico. Tanti oggetti sono in legno, ma pochissimi in legno certificato ecologico. I capi in pile non provengono nemmeno dal riciclaggio della plastica. E poi ci sono ombrelli, cassette in polipropilene e mille altri oggetti di “eco” non hanno proprio nulla.
Non mi sembra un gran modo per sostenere uno stile di vita nuovo e sostenibile.
Insomma, caro Wwf, cambia fundraiser.

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