Il collega Mattia Camellini mi ha inviato questo suo commento alla recente notizia della cancellazione del 5 per mille. Sicuramente un argomento su cui riflettere anche per le conseguenze in termini di ripercussione economica sulle organizzazioni nonprofit. Buoba lettura
Se il governo confermerà la cancellazione del 5 per mille dalla Finanziaria 2007, assisteremo ad un paradosso unico al mondo: per la prima volta sarà il settore non profit a finanziare il profit e non viceversa. E già, perché i circa 270 milioni di euro che la finanziaria 2006 aveva stanziato a favore della ricerca scientifica e sanitaria, dell’università, del terzo settore e dei comuni, basteranno sì e no a pagare le campagne pubblicitarie fatte dal non profit per informare i propri sostenitori. Il meccanismo previsto dalla legge stabiliva, infatti, che il “5×1000” del reddito dei contribuenti poteva essere erogato solo se veniva indicato nel 730 o nel CUD il codice fiscale dell’ente prescelto. Dato che le associazioni beneficiarie sono circa 30.000, si comprende la necessità, soprattutto per il primo anno, di informare in modo massiccio i contribuenti su questa nuova modalità di finanziamento. Il WWF, ad esempio, ha dichiarato di aver stanziato 100.000 euro in previsione di un rientro in 2-3 anni. Ovviamente c’è chi ne ha spesi molti di meno, ma anche chi ne ha spesi molti di più. Non sono disponibili al momento dati aggregati del settore. Certamente le campagne sono state molto numerose, a giudicare da quante ne abbiamo viste sui giornali, in televisione, nei mezzi pubblici, su internet, per strada, o ricevute a casa per posta… Se volete farvi un’idea, anche solo approssimativa, delle promozioni effettuate negli ultimi mesi, scrivete “5×1000” nel motore di ricerca Google e cliccate “immagini”, oppure, visto che l’ho già fatto io per voi, cliccate all’indirizzo qui sotto. Ne troverete almeno 462:
http://images.google.it/images?q=5×1000&ndsp=18&svnum=10&hl=it&lr=&start=0&sa=Nc
Se il test del 5×1000 finisse beffardamente quest’anno senza neanche conoscere i risultati (visto che ci vorrà ancora molto tempo per conteggiarli), e soprattutto senza consentire alle associazioni di prendere beneficio degli investimenti fatti, sarebbe molto istruttivo sapere quanto denaro pubblico andrà a sostegno della ricerca o del non profit e quanto invece alle agenzie, alle tipografie o alle poste.
Se provassimo a ipotizzare, ma credo senza allontanarci troppo dalla realtà, che le 30.000 associazioni, tra grandi e piccole, abbiano speso per promuoversi circa 10 mila euro in media ciascuna (costo della creatività, degli spazi, della produzione, della spedizione, ecc.) arriveremmo alla tragica conclusione che ben più dei 270 milioni di euro stanziati dal governo sarebbero andati al profit e proprio nulla al terzo settore.
Ovvero, che il test sia servito solo a trasferire fondi da un settore (il non profit) ad un altro.
Spero proprio di aver fatto male i conti. Ma spero soprattutto che l’errore più grosso non lo faccia ora il governo, confermando l’abolizione del 5×1000. (Mattia Camellini)