La professione di fundraiser non è facile; impegnati sul versante strategico o operativo, nella formazione o nell’istruzione, nella comunicazione o nel marketing, all’interno di una azienda nonprofit o all’esterno come consulente libero professionista, la costante è che si tratta di una attività complessa, per la quale esistono ancora pochi punti di riferimento sicuri.
Proprio per questa complessità di fondo il professionista del fund raising, il cosiddetto fundraiser, spesso è coinvolto in una intensa attività a livello operativo e non riesce a strutturarsi in modo da potere ampliare la gamma dei servizi offerti e/o ampliare il numero delle aziende nonprofit clienti.
Per gli stessi motivi ci sono difficoltà per i giovani a trovare la loro strada come consulenti free-lance. Chi si colloca all’interno di una azienda nonprofit medio-grande ha la strada più o meno spianata, se non altro ha dei punti di riferimento; per gli altri la gavetta rischia di essere lunga e densa di imprevisti.
Fra l’altro la professione di fundraiser non è riconosciuta né tutelata (non c’è un albo professionale, ma nemmeno un meccanismo reale di auto-regolazione) , a differenza di altre professioni a volte anche strane e di nicchia.
VM