Vi riporto un articolo molto interessante del mio collega Mattia Camellini che pubblica sul blog di Comunicazione Italiana. Parla di responsabilità sociale, cause related marketing. Eccolo a voi:
Il destino di molte marche dipende sempre di più dal comportamento etico delle aziende.
Recenti ricerche* confermano che più del 60% degli italiani è interessato al tema della responsabilità sociale delle imprese.
Il 50% dei consumatori dichiara di aver fatto acquisti socialmente responsabili negli ultimi 12 mesi (erano il 32,8% nel 2004). E mentre il 12,6% degli italiani ne fa un vero e proprio stile di vita, preferendo i prodotti e i servizi di quelle aziende che dimostrano di avere una cultura della responsabilità sociale, esiste un corposo 20% di consumatori che volutamente non acquista, e spesso boicotta attivamente i prodotti di quelle aziende che secondo loro non prestano attenzione a questo aspetto. Alzi la mano chi non ha mai ricevuto via internet, da amici e colleghi, quelle e-mail-di-sant-antonio che invitano a non comprare questo o quel prodotto della tale azienda, multinazionale per lo più. C’è di tutto in questi appelli: carburanti, abbigliamento sportivo, alimenti per l’infanzia, fast food, ecc.
E non bisogna nemmeno andare lontano: questi temi sono pubblicamente dibattuti nella più grande piazza mediatica d’Italia (nonché una delle più grandi al mondo): il blog di Beppe Grillo. Qui le aziende e i loro comportamenti vengono radiografati quotidianamente.
Di fronte a questa recente e impetuosa crescita del consumo solidale (e tutto fa pensare che non sarà una moda passeggera) che cosa fanno le aziende?
Le più sensibili hanno subito avvertito l’importanza di avere una “Corporate Social Responsibility”, ossia un comportamento più responsabile verso l’ambiente, i propri dipendenti, le comunità e le culture in cui operano. Altre, da iniziale necessità, ne hanno fatto anche virtù. Di conseguenza la comunicazione, per queste aziende, è divenuta una leva strategica potente. Un indispensabile strumento di raccordo tra tutti gli attori di questo processo.
Non solo, la comunicazione socialmente responsabile si è rivelata anche un ottimo investimento se considerata in termini di efficacia/efficienza. Infatti, sempre dall’indagine della Lorien Consulting, emerge che, a fronte di un modestissimo investimento pubblicitario di appena lo 0,5% (rispetto al totale degli investimenti pubblicitari in Italia), il 15% degli italiani ricorda spontaneamente (il 79% dopo sollecito) campagne di comunicazione socialmente responsabile. E in media ciascuno ne ricorda quasi 7!
Le tipologie di campagne ricordate sono 3:
1) gli eventi mediatici di raccolta fondi (Telethon, La Fabbrica del Sorriso, ecc)
2) il “Cause Related Marketing”, ossia azioni di sostegno di una azienda verso una causa sociale o i progetti di una Onlus. È il caso ad esempio della campagna “Svelto Piatto Pieno” che la Lever Fabergé ha iniziato nel 2003 a sostegno dell’Opera S. Francesco per i Poveri e poi per la Comunità di S. Egidio. Con lo slogan “dopo 30 anni passati a pulire i piatti, oggi Svelto ha deciso di sporcarli” l’azienda ha voluto comunicare ai suoi stakeholders, i consumatori in primo luogo, ma anche ai dipendenti e alle istituzioni, il suo impegno a devolvere delle somme per offrire pasti alle persone bisognose. Nel 2004 sono stati donati 171.000 pasti.
3) campagne istituzionali e di prodotto
Un’ultima considerazione. Come è ovvio, non tutti gli italiani sono però entusiasti di questo connubio profit/non profit. A fronte di un 28% di “positivi” convinti, c’è un 3,6% che lo considera un’astuta manovra per cavalcare il buonismo dilagante e trarne un vantaggio competitivo e basta; o, nella migliore delle ipotesi, un pedaggio che le aziende devono pagare per farsi accettare. Come ad esempio le industrie o le centrali inquinanti.
C’è poi un consistente 63% che esprime un sentimento positivo ma non privo di perplessità.
E qui sta il punto più delicato, ma anche il punto di forza della comunicazione socialmente responsabile.
Se una azienda pensa di rifarsi il trucco con la responsabilità sociale, ma non ci crede fino in fondo e soprattutto non la pratica, nel villaggio globale della rete la notizia si diffonderebbe alla velocità della luce. E le tornerebbe indietro come un boomerang.
* “Dalla Comunicazione al Consumo Responsabile”. Ricerca condotta nel maggio 2006 da Lorien Consulting per conto di Pentapolis (articolo tratto dal sito http://www.comunicazioneitaliana.it/prometeo.internal.php?id=597&sezioneid=2&display=artc)