Mi trovo a passare per Charlotte. Charlotte? Ma che razza di città è mi chiedo prima di arrivarci. Sto andando da Indianapolis a Orlando (il paese dove c’è Disneyland) e l’aereo fa uno scalo a Charlotte. Chiedo a chi mi ha organizzato i trasferimenti: “non esiste davvero un volo diretto?” “mi tocca passare per Charlotte?”. Purtroppo sembra di sì. E così alle 9 di sera atterro nella città che ha:
- la più grande raccolta fondi per le arti del mondo
- la più alta percentuale per abitante di aziende nelle 500 di fortune
- la più alta percentuale di voli per abitante.
Un classico record della provincia americana, sconosciuta ai più, orgoglio degli abitanti.
Un enorme aeroporto con centinaia di voli, aerei dentro le sale d’aspetto, tanto sono grandi, centinaia di persone in giro. Mi fermo alle decine (centinaia) di negozi per capirne di più. Questa è la forza della provincia americana, mi fermo a guardare in giro. Un enorme cartellone, informa tutti che i “nuovi bagni (cessi) che presto saranno terminati” vi è anche la simulazione della figura del nuovo bagno, come sarà. Ma come sono incredibili questi americani, ciccioni e bambinoni, però sono accountable, rendicontano, raccontano, overspiegano, ridondano di informazioni, ti dicono tutto quello che devono dirti e anche di più. E così anche se non c’e’ il bagno, a causa di una “major restructuration” il cliente, che è poi un cittadino che paga le tasse, non va via insoddisfatto (e non perchè qualche pazzo dice in televisione che “le tasse sono belle…”, ma perchè ce la metto tutta). Io l’ho fatta in un bagno piccolo, piccolo, ma fra qualche mese tutti la faremo in uno più grande e più bello.
La morale: semplice. Occorre dire, comunicare, spiegare, raccontare e poi dopo un po’ comunicare, spiegare, raccontare e poi dopo un po’ ancora, in modo continuo e senza mai stancarsi. Questo è il modo per fare “fund raising”. Charlotte, la città con la più alta raccolta di fund raising per l’arte di tutta l’america (ovvero di tutto il mondo!).
Da Charlotte sono in volo per Orlando, salgo in aereo e non c’e’ il posto a sedere, per un colpo di fortuna faccio il viaggio in first class. Sono a fianco a una graziosa signorina (almeno immagino), sembra una 40 enne un po’ schizzata. Sono stanco, non ho nessuna intenzione di parlare con nessuno, ma al termine del volo, mi fa “ha avuto un buon volo?” e così nei cinque minuti finali scopro che è una madre di 5 figli e che vive a Orlando e che suo marito fa il casalingo….ed è tutta contenta!!!
Amo questo paese, amo questa gente, così inverosimilmente bambina, eppure così verosimilmente cercatori di felicità, cercatori di altro. Li vedo nei loro sguardi, negli studenti del Campus che frequento, nella facce stanche che prendono l’aereo, nel come fanno lezione.
Non cambio di una virgola il giudizio e la potenza che mi trasmise il primo lungo viaggio del ’92-95; sono cercatori. Cercano qualcosa, decisamente di più di noi stanchi europei. Loro hanno fame, noi abbiamo già mangiato…(e facciamo anche dei rutti, perché ne abbiamo anche troppo). Loro anche se trovano cercano altro, cercano qualcosa di più, un altro limite da superare.
Non mi toglierò mai il mal d’America, e il problema è che mi sta ritornando (aumentando) in modo violento, e non sono ancora tornato a New York dove ho vissuto per tanti anni. Chissà come sarà, chissà cosa vedrò.