26 Ottobre 2007

Il Catholic Migration Office: “not because YOU are catholic, but because WE are”

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“Non perchè tu sei cattolico, ma perchè noi lo siamo” , questo è lo slogan, e anche la mission del Catholic Migration Office (CMO), la più grande organizzazione nonprofit del mondo che si occupa di immigrati. Ne cura i visti con decine di avvocati, (il cui capo è un laureato ad Harvard, che rinuncia a stipendi da 200.000/300.000 dollari per prendersene uno da meno di 50.000 dollari), fa la pastorale degli immigrati, ne cura l’aspetto di inserimento lavorativo, e linguistico (fa corsi di inglese, corsi professionali i più vari). Un cosa concreta, pratica e allo stesso tenpo con un ideale ben stampato nella testa e nel cuore: “not because your are catholic, but because we are”. Splendido. (nella foto la sede del CMO)

Sono ritornato al CMO per rivedere Monsignor Ronald Thomas Marino, il Direttore del CMO,  il grande amico americano, la cui famiglia è originaria di Corleone (guardate lo stemma che reca sulla porta della sua camera: Sicilia)

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che tanto mi sostenne e mi aiutò nel mio periodo americano. L’ho rivisto dopo 12 anni, e nonostante fosse passato così tanto tempo, l’amicizia è subito ritornata come se solo 1 secondo fosse passato.

Il CMO non è a Manhattan (quella che viene definita New York e che in realtà è solo una delle cinque “città” che compongono New York City), ma è a Brooklyn, la città del ponte sulle cicche. (anche se in realtà il ponte disegnato sul pacchetto delle cicche è il ponte da Verazzano e non il ponte di Brooklyn….)

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Ho preso la metropolitana per Brooklyn, da alcuni definito il “dormitorio di Manhattan”, ho preso la vetusta e famosa linea “New Utrecht Avenue”, una linea che attraversa l’intera Brooklyn (circa 3 milioni di abitanti), su un impalcatura di metallo, e sotto la strada. 

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E mi sono fermato, camminando per Brooklyn nei luoghi dove ho vissuto.

La Chiesa di Santa Rosalia (Santa Rosalia è la protettrice di Palermo), la chiesa degli Italiani, totalmente trasfromata, non nella coistruzione che è rimasta identica, ma nei contenuti

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Quando c’ero io questa era una parrocchia italiana, solo italiana. Ora l’elenco delle messe indica chi ci abita in questo quartiere. messa in inglese, in spagnolo, in cinese. “sono arrivati come le formiche i cinesi in questi anni”, mi dice il prete che incontro. Il mondo cambia, ma più o meno dappertutto allo stesso modo. Globalizzazione?

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Mi riaffaccio a Regina Pacis, la chiesa dove all’interno vi è il famoso ritratto del “mafioso” che ha pagato la costruzione…

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E fotografo tutte le operazioni di raccolta che questa piccola, grande parrocchia fa. Il giardino di Mary Queen, con il bell’elenco dei donatori ben in vista (1550 dollari ogni quadratino, mica brustoline..)

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La scala per i disabili, con il riscaldamento sotto per sciogliere ghiaccio e neve all’istante

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E tante altre piccole raccolte fondi, che quotidianamente fanno vivere qesta realtà (senza l’8 per mille!!!). Qui si lavora! Sveglia la mattina presto, lavoro in ufficio, pranzo veloce, cena alle 5,30pm e poi avanti con i meeting serali dalle 7 in poi! E se il Prete non fa bene il suo lavoro, nessuno lo mantiene, non ha lo stipendio. E’ la parrocchia stessa che lo mantiene e che quindi lo sostiene. Tutto ciò rende la vita del prete, un po’ meno comoda.

Occorre dire, in modo molto franco, che non c’e’ nessuna professione in Italia che dal momento in cui sei laureato – ovvero ordinato nel caso del prete – ti garantisce vita natural durante uno stipendio assolutamente ragionevole (la vecchia congrua, ora 8 per mille), tranne la professione del prete. Qualcuno mi potrà dire che non è una professione….è vero, ma di fatto dal giorno in cui uno diventa prete ha il suo tranquillo e inattaccabile stipendio. Giusto? Per carità nessuno vuole criticare, ma un po’ di precariato, anche nella Chiesa, non farebbe male…così per smuovere un po’ le acque….qua la Chiesa è veramente “in missione”, lo è anche in Italia?

Ciao Padre, grazie di tutto e alla prossima!

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