Eppur si muove! Non sono Galileo ma di certo la frase è quella giusta. Eppur si muove…il fundraising italiano. Qualche giovane, un paio di blogger, due o tre operatori del fundraising, qualche fundraiser, piccole società d consulenza, diventate grandi società di consulenza (che riescono a muovere 200.000 donatori mailing da una causa all’altra), ormai 100 masterizzati al master di Forlì sul fundraising…
Il mondo del fundraising sta cambiando, si sta muovendo. Un mondo in fermento, dove Daniele, Paolo, Francesco S e Franceso Q. e alcuni altri sono certamente la cosa più nuova di questo mondo del fundraising per troppo tempo “bloccato”, quasi soffocato. Ora si parla, si discute, ci si confronta, c’e’ chi prova persino a scrivere in Inglese dei post nel proprio blog per rendersi piu’ comprensibile alla comunità internazionale (e non è l’inglese maccheronico di Rutelli sul video di presentazione del portale www.italia.it, ma quello vero!). E Paolo, al tentativo provocatorio, ma ammirevole di fare un blog in inglese al posto di farlo in Italiano. Dice:
Caro Daniele,
la tua decisione (di mettere un posti inglese, n.d.r) mi sembra metta in luce un quadro putroppo non esaltante del terzo settore italiano. E non mi nasconderei dietro l’alibi che siamo ancora in pochi. Che il fundraising italiano è ancora troppo giovane.
Mi sembra invece che:
– ci sia ancora poca professionalità e poca conoscenza, anche solo di base, dei temi strategici;
– ci si avvicini ancora troppo spesso a questo settore con la convinzione che basti l’entusiasmo. E invece purtroppo c’è da studiare e lavorare, curiosare, domandare, testare, a volte sgobbare più che altrove e con stipendi più bassi.
– l’alta formazione specializzata sul fundraising non ha ancora inciso profondamente sul quadro generale italiano e forse alle giovani leve manca ancora la sicurezza per osare confrontarsi con temi che sembrano ostici… Ma vale la pena farlo ragazzi!!
– la mancanza di un’associazione o di associazioni di riferimento (assif purtroppo continua a non esserlo) di certo non aiuta perché lascia il lavoro del fundraiser senza una dignità pubblica, senza una griglia di valori e di conoscenze condivise e anche senza veri e propri spazi di socializzazione. Sarà il caso di pensare a dei camp? Il nostro lavoro e le nostre organizzazioni ce ne lasceranno il tempo?
Rimango convinto che questo blog, come gli altri che sono nati in quest’ultimo anno, magari accompagnati da altri spazi (forum, social network, ma anche momenti di incontro) sia fondamentale proprio per far crescere la cultura del fundraising (ma anche delle donazioni) in questo paese. E in italiano, per quanto faticoso possa essere, sarebbe meglio.
Ma poi so che se siamo partiti con questa esperienza è anche perché cercavamo il confronto, eravamo e siamo avidi di nuove conoscenze professionali, volevamo imparare a fare meglio questo splendido mestiere… e nello sconfinato silenzio cui troppo spesso i nostri blog sono lasciati è difficile che questo accada.
Con amicizia
Mi sembra un bel giudizio, non superficiale, dove però si nota come questo grupposculo di giovani fundraiser (o professionisti del fundraising) sta, attraverso internet muovendo le acque. Eppur si muove! Eureka! In Italia c’e’ una grande necessità di luoghi dove poter discuetere e ragionare di “fundraising”, al di la’ di una logica di “cricca”, ma secondo una logica di “dono”. Ecco perchè abbiamo pensato al Festival del Fundraising. Di cui vi parlerò a breve e su cui il mio sogno sarebbe quello di iniziare un luogo di discussione vivace e aperto.
Il mondo è di chi sa regalare empatia. Il cammino intrapreso è certamente difficile da percorrere e presenta grossi rischi: credo che l’ottimismo di chi ha rovesciato il primato della conflittualità, concorrenziale al mercato, sia la carta vincente.