Sull’ultimo Vita a pagina 45 a proposito del voto in condotta un intervento del prof. Pietro Barcellona (leggi qui e qui) non mi ha lasciato indifferente. Esso meriterebbe una risposta altrettanto piccata e violenta. Ma far polemica (ovvero “fare guerra”) non serve. Davvero non avrei voluto incontrare nella mia vita di studente, un professore tanto violento, e tutto sommato così inconsistente nelle proposte. L’idea che chi la spara più grossa e chi critica più violentemente sia il migliore, è abbastanza simile a quella dei bambini mostrano i propri attributi ai propri amichetti per dimostrare la propria superiorità.
Ho sempre pensato, per educazione (ahimè!) cattolica, che il mondo lo si cambia un pezzo alla volta, e che se io mi piego per raccogliere un pezzo di carta per terra nel corridoio dell’università, forse qualche studente inizierà a farlo con me, e in qualche anno, o secolo, il corridoio sarà pulito.
Nello sfascio denunciato dal prof. Barcellona, da qualche parte bisogna pur ricominciare, e da qualche parte semplice, comprensibile ed evidente, è meglio che da qualche parte complessa, intricata e difficile da comprendere.
Il voto in condotta, è “una bestialità”, la Gelmini è una con “evidenti limiti culturali”? Può darsi, ma da qualche parte bisogna pure incominciare.
Ho preso 7 in condotta quando ero alle superiori (era l’estate del 1982, l’anno dei mondiali di Bearzot), avevo offeso un professore, in modo ingiustificato dandogli del “frocio” (allora non si usava la parola gay in aula. Tutta l’aula rise. E più rideva, e più io offendevo e ne godevo, con violenza. Il prof era sbalordito e amareggiato, non di certo “anaffettivo”. Fu una cosa grave e sbagliata. Grave e giusta fu la punizione, venni rimandato in tutte le materie, passai l’estate a studiare.
Non ricordo nulla di più “educativo” delle superiori, di quell’estate. Ne ricordo i dialoghi con mio padre, gli incoraggiamenti e anche le discussioni. Ricordo mio padre che mi diceva: “se volessimo, potremo anche far ricorso al Tar contro il 7 in condotta, e lo vinceremo di sicuro, ma siamo sicuri che è proprio quello che vogliamo?”. Così come le riflessioni su quanto avevo fatto dapprima irose, e poi sempre più complici con il Preside, (il mitico prof Mainetti) e con gli altri amici.
Non è il voto in condotta che rende “anaffettivi” gli insegnanti, non è il rispetto dell’autorità che li rende distanti. Quello che sfascia la scuola è una certa cultura fumosa, che “prende le mosse dai grandi temi” e che, per esempio fa stare durante le ore di geografia per 1 anno intero una classe delle medie a studiare “Il porto di Venezia” e si dimentica che esiste anche la Cina e gli Stati Uniti. Cio che ogni giorno, sfascia la scuola, è la stupidità di certi insegnanti che si presentano con il lutto al braccio contro la Gelmini, (ma che razza di esempio diamo agli studenti?), è una certa cultura che critica e non propone, che tutto è bene, (anche dire “frocio” a un insegnante), e che paragona ogni tentativo di dire le cose con il loro nome, che paragona anche un timido tentativo di restituire un ordine autorevole e naturale alle cose, ad uno “smantellamento della pubblica istituzione”.
Ma per favore!
P.s. Dedico questo post a mia figlia Anna che oggi inizia la scuola. Prima di lasciarla in aula le ho detto: “e mi raccomando comportati bene….” oddio!!! Forse sono un genitore anaffettivo!!!! Aiuto!!!!