Il CASO CHE MI HA FATTO RIFLETTERE:
Nel fine settimana durante una lezione uno studente, un signore sui 50 anni, mi si avvicina durante una pausa per farmi vedere il sito dell’organizzazione nonprofit di cui è presidente. Mi chiede cosa ne penso. Gli dico che non è male, che è fatto con software gratuito e open source Joomla (www.joomla.it). Questa persona sorpresa mi ha iniziato a narrare le vicende della consulenza che le hanno dato. Il preventivo della consulenza è stato di €40.000 per attività di mailing e fornitura di un nuovo sito e database relativo. A questi €40.000 sono da aggiungere €30.000 per i fornitori. Esito della campagna: i fondi raccolti, rispetto ai costi sostenuti, sono stati pochissimi.
ALCUNE OSSERVAZIONI:
1 – Al di là della consulenza che non voglio in nessun modo giudicare (anche perchè bisognerebbe sapere meglio come sono andate le cose e sentire anche la controparte) per quanto riguarda il sito internet il costo è stato di €5.000 per installare Joomla (ci si mettono 30 min), caricare i testi già creati dall’associazione e le foto fornite. In pratica l’unico lavoro svolto dal webmaster è stato quello di realizzare un template grafico ad hoc (Joomla come WordPress ha decine di template grafici a disposizione gratuiti) e farlo per €5.000 è un po’ esagerato (oltretutto il sito non è ottimizzato per Firefox 3!!!). Ciliegina sulla torta…il webmaster non ha neppure detto a loro che il software era gratuito, non gli ha mai dato le password di accesso al sito per gestirsi le news. Inoltre Joomla è un CMS molto più complesso di WordPress ed in questo caso le esigenze dell’associazione poteva essere soddisfatte con un Cms molto più semplice da utilizzare.
2 – Questa storia mi convince ancora di più, di essere sulla strada buona e di non volere ASSOLUTAMENTE diventare niente di simile a coloro che già vanno per la maggiore nel settore. Si puo’ guadagnare,ed è anche giusto, perchè “tutti sappiamo che i soldi fanno comodo…ma qui è una questione di stile, e io non faccio così. Punto.” (come ha detto Donadoni, rinunciando alla milionaria liquidazione dopo essere stato licenziato dalla Federcalcio).
4 – Il mio ragionamento è molto semplice: nessuno obbliga a lavorare nel nonprofit; se si vuole avere meno preoccupazioni a livello etico si può sempre lavorare nel profit, dove ci sono certamente dei limiti morali ma chiaramente molto molto meno stringenti. Secondo me, pur lavorando in una logica di guadagno (come fa ad esempio anche Centrale Etica, di cui Paolo Celli è il capo e fondatore e con cui collaboro quando faccio le consulenze retribuite), si può lavorare seriamente per il settore nonprofit, ma solo se si hanno delle motivazioni di un certo tipo; altrimenti si lanci nel profit, chi ne è capace!! Cosa sta a fare qui?
5 – A volte mi chiedo: ma non è che persone che nel profit hanno fallito si buttano nel nonprofit perché c’è (forse) meno concorrenza e pensano di potere abbindolare meglio gente meno smaliziata? Se così fosse (e temo che in alcuni casi sia proprio così) si tratta di un approccio ben squallido a questo stupendo settore!
IO VOGLIO ESSERE ESATTAMENTE IL CONTRARIO
Io non voglio essere come loro, anzi il mio obbiettivo è (e ci sto arrivando piano, piano) è di guadagnare il necessario per i miei obiettivi economici con la formazione (per questo faccio poca formazione, ma ben pagata, in giro per l’Italia) e lavorare gratis per i progetti di consulenza (fare così il mio lavoro di volontariato nella consulenza).
Al momento sto seguendo gratuitamente (gratis significa senza neanche rimborso spese) queste cause:
– Fondazione per l’Educazione, Forlì (ne ho seguito la creazione, fondazione, capitalizzazione, trasformazione in Onlus e ora la creazione del fondo patrimoniale)
– Coperativa Sociale Tonino Setola, Le scuole la Nave, Forlì (ne sto seguendo la raccolta annuale e la raccolta straordinaria)
– Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, Roma (sto seguendo, in questo caso con il rimborso delle spese di viaggio, ed insieme a Centrale Etica -che fa la maggior parte del lavoro – il progetto complessivo di raccolta fondi)
– Chiesa Parrocchiale San Giuseppe Artigiano, Forlì (la costruzione di un grande centro sportivo all’interno di un quartiere forlivese nuovo, dove non esistono ancora strutture del genere)
– Nutriaid, Torino (sono consigliere di amministrazione, e consiglio il responsabile del Fundraising, che è una ex-studentessa del Master, questo è l’impegno che mi porta via meno tempo…perchè per fortuna Antonella Demarchi è davvero brava!)
Che sia chiaro:
1 – per me “seguire” non significa dare un consiglietto qua e là, ogni tanto, quando capita. Significa mettere tempo, fare riunioni, scrivere documenti, rileggere bozze, ecc. Significa tanto tempo speso con i volontari e con la direzione.
2 – molte volte all’interno (o all’esterno) delle strutture ci sono persone che operano e che fanno molto e importante lavoro. Io quindi non ho nessuna intenzione di prendermi il “merito” dei successi. Lungi da me!
Ovviamente non sono un santo. In tutte le altre cause che seguo sono retribuito (ritengo in modo equo e ragionevole), così come per tutte le giornate di formazione che faccio, a Forlì o in giro per l’Italia.
Non mi nascondo certo dietro il nonprofit per guadagnare. E so benissimo, (almeno per il momento…. ) di non essere santo. Penso di dare un buon prodotto, ragionevole, equo, molte volte ben superiore alle aspettative. Continuo a spendere denaro per formarmi e per stare aggiornato (sono stato anche recentemente negli States). cerco di dare sempre “l’ultima” cosa ai miei clienti e ai miei studenti. A chi mi chiede uno sconto, molte volte lo faccio, ma non mi svendo. Mai. Piuttosto non vado. Le mie giornate di formazione, sono delle vere e proprie giornate di formulenza (formazione e consulenza) in cui mi spremo e consegno non l’antipasto, ma anche il primo e il secondo. Quando arrivo a casa molte volte sono sfatto (fisicamente) e carichissimo (mentalmente) perchè le giornate di formazione sono un “avvenimento” tutte le volte.
Come me, penso che ci siano tanti altri che lavorano allo stesso modo, e ovviamente non farò nomi di coloro che NON penso si comportino allo stesso modo, ma sono convinto che ce ne siano. Troppi.
In questo, chi ha il dovere di controllare, di far maturare, di far crescere la cultura dell’uso del consulente, è largamente responsabile.
Il Festival del fundraising, si occuperà di questo, di cultura del fundraising, e nella sua prossima edizione avrà una sessione dedicata ad “Usi e abusi del consulente”…ne riparleremo…