Ciao Valerio, ho resistito finora a questo dibattito che non ritengo molto utile, anzi, credo ci faccia solo perdere tempo… ma è più forte di me, c’è una cosa che sento di dover dire:
Coraggio! Possibile che non si riesca ad immaginare una situazione in cui profit e non profit (e aggiungo io anche la pubblica amministrazione) possano non solo coabitare, ma addirittura (pensa un po’) collaborare????
Ma fino a che punto siamo ingabbiati culturalmente ed intellettualmente per non poter immaginare modalità di operare diverse da quelle che un il modello di organizzazione della nostra comunità ha finora adottato e che (soprattutto in questi ultimi mesi) ha dimostrato tutti i suoi evidenti limiti.
Chi l’ha detto che non profit è buono per definizione e profit non è cattivo in quanto tale? Ma decidiamo o no di uscire da questa dicotomia che è solamente culturale???
Proprio non ce la facciamo ad avere un po’ di fiducia nel genere umano e nel fatto che siano possibili forme e modelli di organizzazione diversi da quelli che abbiamo finora sperimentato e che possano esistere persone che agiscono secondo interessi che non sono esclusivamente monetari???
Ma siamo al punto in cui se uno fa volontariato un giorno della sua vita, anzichè questo gli venga riconosciuto, deve giustificare perchè gli altri giorni non lo fa???
Vediamo di rimettere le cose un pochino al proprio posto. Ma il volontariato, si misura in quantità?
Non sarebbe forse meglio motivare il perchè si fa del volontariato e non perchè non lo si fa, lo troverei più costruttivo e anche un po’ più intelligente e di pubblica utilità.
Il tutto mi sembra molto riduttivo, per nulla flessibile e mi fa pensare che chi afferma cose di questo genere sta cercando all’esterno sicurezze che non trova dentro di sè: un volontario convinto non si preoccupa del perchè gli altri fanno o non fanno, ma riserva le proprie energie per la soluzione di questo o quel problema, si preoccupa di rendere efficacie la propria azione e questo gli basta.
Il fatto poi che queste discussioni provengano quasi sempre da operatori nonprofit da un lato mi intristisce parecchio, poi mi fa incazzare perchè invece di far qualcosa di buono tocca spendere il tempo per parlarsi addosso, ma mi fa capire quanta strada dobbiamo ancora fare e quanto lavoro ci sia ancora da svolgere….
Mi permetto solo di segnalare due testi che sto leggendo in questo periodo e che mi stanno aiutando ad aprire un pochino la testa e ad immaginare cose diverse:
Homo Consumens di Z. Bauman ed. Erickson e Oltre l’homo oeconomicus di L. Becchetti ed. Città Nuova.
Perchè come diceva Albert Camus: “Perché il pensiero cambi il mondo, bisogna che cambi prima la vita di colui che lo esprime.”
Ed ora al lavoro!!!
Ciao Valerio, scusa lo sfogo e grazie per l’ospitalità.