E’ una mia ex studentessa, ha appena finito il Master in Fundraising. Ha una faccia da tolla incredibile, una vera e proprio schiacciasassi. A volte è persino insistente, a volte esagera, ma perbacco se questa non ha la stoffa per diventare una fundraiser…la storia è semplice, ma è di quelle che meritano essere raccontate. Nulla di straordinario per una grande organizzazione, ma quasi una montagna per chi non ci prova in una piccola. Voleva raccogliere per l”organizzazione barese dove ha fatto lo stage e dove ora lavora, la Fondazione Giovanni Paolo II Onlus di Bari. Non sa dove andare allora alza la cornetta e chiama l’IKEA (avete capito? IKEA). Non ha contatti , non ha raccomandazioni, ha solo la sua bella faccia tosta e la sua voglia di arrivare allo scopo. E insiste, mi chiama per consigli, chiama Paolo Celli per consigli e va avanti, un appuntamento dietro l’altro e alla fine nel giro di qualche mese, si porta a casa la donazione (importante) di IKEA e in piu’ fa un accordo (le vedete sul sito) di IKEA BARI . Davide contro Golia. Come ha detto intelligentemente Karl Marx: “ogni uomo è il prodotto delle sue azioni, stante le condizioni in cui si trova”. Ed è vero, è sostanzialmente vero, un fundraiser si fa (nel senso che si fa, ovvero che con le sue azioni si fa). Smettiamo di dare la colpa agli altri (“oh, io non ho i contatti”, ,” eh ma io non conosco nessuno”, “eh ma come faccio al sud non è così”, “ah no da noi non potrebbe funzionare”, “eh ma dai questo non e’ per le piccole organizzazioni…”): Lo sapete quante volte ho sentito questo discorso. Io voglio seguire l’esempio di Alfonso Maria.