Il non profit paga un contratto di inserimento che è, mediamente, il 30-40 % più basso rispetto a quello offerto dalle imprese profit. Gli operatori, dunque, si trovano davanti la scelta tra una carriera nell’uno o nell’altro settore, soppesando le aspirazioni personali, il desiderio di aiutare gli altri, ma anche pensando al proprio futuro e alle prospettive che questa scelta implica. Questo il tema dell’articolo di Vita Magazine del 6 settembre.
Se anche molti operatori e addirittura manager del profit sentono il bisogno di impiegare gratuitamente parte del loro tempo in attività di volontariato, occorre fermarsi a fare una riflessione sull’importanza di incentivare il non profit ed incoraggiare i giovani a non abbandonare questo settore. Voi che ne pensate? Ecco il mio articolo su Vita Magazine del 23 settembre.
Caro Valerio
non sono daccordo al 100% con il tuo primo articolo (quello sugli stipendi). sono una professionista del no profit ed ho lavorato per 6 anni con diverse ONLUS sul terreno: ebbene, quest’anno, in cui ho cercato di rinserirmi nel Profit in Italia, mi sono resa conto con grande stupore che alcune aziende profit pagano MENO delle no profit. Ormai la situazione è cambiata e i concetti di “lavorare gratis”, “lavorare per poco” o “per semplice soddisfazione personale” si sono estesi anche ad alcune aziende profit che utilizzano questi concetti “copiati” dal no profit, per sfruttare al massimo le risorse umane.
E’ veramente scandaloso!!!!!