Ormai da anni non credo nelle indagini comportamentistiche. Non credo molto neanche nei focus group, anche se ancora un qualche valore per alcune ristrettissime cose ce l’hanno. In realtà la gente non dice più quello che pensa, ma soltanto quello che conviene dire. Nel nonprofit poi questo è impressionante. Quante volte hai donato? Molte (chi dona poco è cattivo, chi dona molto è buono). Lo fai volentieri? Certo! (ci mancherebbe!) Cosa ti manca di più? La trasparenza (salvo poi non leggere una riga di bilancio sociale….anche se viene mandato decine di volte). Cosa ti piace di più? La generosità completa (io non sono egoista). Vorresti ricevere tutte le richieste di donazioni on line? Certo! (è più ecologico, salvo poi avere un calo della donazioni drammatico, quando si sposta questo donatore solo sull’on line) Ecc..ecc… Insomma lo sappiamo già quello che la gente dice che pensa. Ma è quello che pensa? E’ veramente quello che pensa o è quello che pensa che dovrebbe pensare?
Ne parlavo con Adrian Sargeant, un pioniere dell’analisi psicologica sul fundraising. avevamo in mente un ricerca comparata, Usa, Uk, Italia sui donatori. In passato Adrian ha usato moltissimo la tecnica dell’autodichiarazione di comportamento. E mi diceva “Ora basta. Oggi non ha più nessun valore un indagine sulle dichiarazioni di comportamento, occorre guardare che cosa la gente “fa”, non che cosa la gente dice che “farebbe” o dice che “ha fatto”. Semplicemente sono dichiarazioni false.
La mia sfida per le prossime indagini è di andare a fare test sul campo. Di fronte a una newsletter di un certo tipo, fatta in un certo modo, ho meno o più donazioni? E se la faccio in un altro modo ottengo più donazioni? Insomma il tempo delle ricerche con campioni un po’ imprecisi (non è questo il caso, che anzi ha un campione vastissimo, ma di altre ricerche viste recentemente) e di analisi basate sulle autodichiarazioni forse è quasi finito. Adesso occorre fare un passo avanti e sono convinto che i bravi autori della ricerca di cui vi riporto il comunicato stampa, con il database gigantesco che hanno a disposizione, con la grande opportunità di contatti che hanno, possono far fare passi da gigante alla ricerca nonprofit. A patto che siamo tutti disposti a condividere i dati che servono per produrli, e a far testare nei vari siti le domande
P.s. cosa vi piacerebbe sapere? Scrivetemi le vostre domande e io proverò a metterle insieme per una ricerca nuova, insieme a chi ci vorrà stare!
Intanto date un’occhiata alla ricerca.
Gli utenti fedeli al terzo settore fotografati nei loro comportamenti digitali utilizzano i social network, più o meno spesso, per scrivere post o caricare foto, ma solo in parte li frequentano per tenersi aggiornati sui progetti delle Onlus di proprio interesse, preferendo newsletter e siti web. Cercano un contatto diretto con le organizzazioni, chiedono trasparenza e concretezza.
I social network: un mondo ancora da esplorare
La metà degli intervistati – il 49% degli oltre 20.000 contatti già presenti nei database di 38 organizzazioni non profit in Italia, invitati a rispondere a un questionario online – dichiara di utilizzare i social network per scrivere post, caricare foto e partecipare a gruppi. Cambia però la frequenza: solo il 14% riconosce infatti di avere una presenza social attiva e assidua, mentre un ulteriore 35% scrive, commenta o condivide contenuti sul proprio profilo più raramente, pur mantenendosi aggiornato sulle attività dei propri amici e contatti.
Trasparenza, chiarezza, continuità dei messaggi uguale fidelizzazione
Gli utenti chiedono trasparenza e concretezza: lo fanno manifestando l’esigenza di un’area riservata all’interno del sito delle Onlus (62%), per poter seguire da vicino lo sviluppo dei progetti o chiedendo maggiore cura dei contenuti, nelle newsletter così come nelle pagine social. Vorrebbero trovare più storie, magari illustrate da fotografie e accompagnate dai commenti degli stessi utenti che desiderano condividere la propria esperienza e portare una testimonianza del proprio impegno a sostegno di una causa.
Il passaparola, ancora oggi principale strumento di informazione per un utente su sei, aumenta esponenzialmente la sua portata grazie ai social network: un’opportunità da sfruttare allargando e rafforzando la propria rete di contatti e sostenitori, oggi più che mai capaci di diventare ambasciatori delle iniziative delle Onlus.
Non Profit Report
L’edizione integrale dell’indagine che ha visto coinvolte 38 organizzazioni non profit (grandi, medie e piccole, attive in nove diversi ambiti) e oltre 20.000 contatti presenti nei loro database che hanno completato il questionario online, è disponibile per il download all’indirizzo http://www.contactlab.com/nonprofitreport
Allo stesso indirizzo è disponibile l’infografica di approfondimento: Gli utenti fedeli al non profit e il web. Il dono online e il rapporto coi social network