Colpiscono le parole dei compagni di scuola di Balotelli, della sua maestra e dell’ex presidente della società di calcio per i ragazzini di Brescia, citate da Concita De Gregorio (ex direttore del quotidiano L’Unità) nel suo ultimo libro e da Annalena Benini sul Foglio: “Quando è arrivato qui, a cinque anni, era l’unico bambino negro di duecentocinquanta”. A scuola si lavava le mani con l’acqua bollente, diceva che così diventavano bianche, chiedeva alla maestra se anche il suo cuore, dentro, era nero, lei gli spiegava di no, e lui dopo qualche giorno glielo chiedeva ancora, dava colpi con la palla contro i muri, soffriva quando doveva tornare in Africa dalla famiglia biologica, che non poteva o non voleva occuparsi di lui perché era malato, con una malformazione all’intestino.
E’ una storia di adozione, una storia di integrazione, di una mamma che lo accolto nella sua famiglia. Una storia nonprofit.
Dice Annalena Benini “Balotelli, aveva paura. Paura e rabbia mentre una signora piccola, casalinga, che aveva già altri figli, con un marito pensionato cresceva questo bambino malato, abbandonato e arrabbiato, portandolo a fare sport tre volte al giorno per farlo sfogare, dandogli amore e un destino, provando a calmare quella rabbia, a indirizzarla verso qualcosa di buono. Lui la chiama mamma e non ne vuole un’altra, è un figlio che parla con l’accento di Brescia e fa lo spaccone: lei gli teneva la testa da gigante nella mano piccola, l’estate scorsa, allo stadio, durante gli Europei, quando lui fece vincere l’Italia contro la Germania, con la maglietta dell’Italia, le dedicò tutti i gol e corse ad abbracciarla”.
Un partito progressista, un partito veramente progressista, (cioè ad esempio capace di rinunciare all’apparato Bersaniano, per lanciare il giovane e “immaturo” Renzi), dovrebbe parlare molto a quelli come lui, all’Italia del futuro, a chi ha avuto bisogno di una possibilità ed era arrabbiato, ultimo fra gli ultimi, bambino nerissimo nel nostro mondo antico di vent’anni fa, quando i genitori di Brescia non riuscivano ad adottarlo e lui temeva di dover tornare in Ghana.
Ma oggi sui giornali il perbenismo “alla Furlanetto” (d’ora in poi per descrivere il moralismo bigotto di certe ideologie, userò il termine “alla Furlanetto”), va in scena la mostrificazione perdente di Mario Balotelli, raccontato come un prodotto del dannato berlusconismo, uno con troppe fidanzate, troppe automobili, troppa agitazione addosso, un nemico, un impresentabile.
Ha ragione Annalena Benini: “Balotelli è il nemico sbagliato, è il bisogno di rimpicciolire il mondo mettendolo dentro una scatola, con i buoni separati dai cattivi, i presentabili da quelli un po’ volgari, che non ci riguardano”.
E’ la solita, eterna occasione sprecata ancora una volta a causa di questa spaccatura ideologica fra destra e sinistra che non guarda nemmeno in faccia al nonprofit, alle centinaia di famiglie che costruiscono questa Italia con il lavoro lieto delle adozioni, con la fatica dell’integrazione bianco/nero.
Quante volte ho ripetuto e sentito ripetere la frase di Martin Luther King, “I have a dream”… Ho un sogno….che un bianco e un nero, possano camminare insieme, e, quasi per analogia, che ad ognuno di noi ritorni l’idea di sapersi prendere il gusto e la responsabilità di un intero paese, non soltanto di chi è identico a noi.