Quando nel 1832 un imprenditore di Bardonecchia – Giuseppe Medail – lanciò l’idea di realizzare il primo traforo ferroviario del mondo, quello del Frejus, in molti gli risero dietro. Facendo i conti sull’enormità della spesa prevista, ma anche sugli eventuali ricavi di un cospicuo biglietto di ingresso, la perdita era comunque astronomica nei successivi 100 anni. La maggior parte dei critici riteneva (a ragione) che investire nel potenziamento della “linea di trasporto merce con gli asini”, anche solo un quarto dei soldi previsti per fare il traforo, fosse un’idea più economica, più efficace, e certamente più efficiente.
Fare un traforo sotto le Alpi era tecnicamente molto complesso. Il lavoro nel cantiere era rischioso, tanto che alla fine dei lavori si contarono 84 morti fra i circa 4.000 operai che prestarono la loro opera.
Il Traforo del Frejus, oltre a essere il primo tunnel sotto le Alpi, fu anche il primo al mondo dove vennero utilizzati in modo significativo strumenti meccanici di scavo: la perforatrice automatica pneumatica ad aria compressa. L’uso della perforatrice consentì di fare in 13 anni un lavoro che a mano poteva richiederne 40.
La storia si ripete?
Le contraddizioni tra investimenti e ritorni economici, tra nuove tecnologie (il digitale) e vecchie modalità (off line), sono problemi di tutti.
Anche oggi.
Il fundraising vive le stesse contraddizioni, tra quello che funziona adesso (e funziona ancora molto bene) e quello che si dovrà fare nel futuro.
Anche nel fundraising le tecniche che ieri erano rivoluzionarie e innovative, e che oggi sembrano ancora l’investimento migliore, domani rappresenteranno il declino.
Il problema è che “domani” sembra ancora piuttosto lontano. Quel tanto che basta per non decidere una virata a forte 360° (o almeno a 180°!) del proprio modo di fare raccolta fondi.
Quando il domani arriverà (perché inevitabilmente arriverà) in tanti preferiranno ancora “potenziare la linea di trasporti merci degli asini” piuttosto che decidere di affrontare con nuove “perforatrici automatiche” il traforo del Frejus.
Il Fundraising Day è una giornata, volutamente low-cost e in uno stile friendly, senza la pretesa di essere esaustiva sul tema del digital fundraising. L’obiettivo è permettere a tutti, anche alle piccole organizzazioni con piccoli budget, di riflettere, insieme ad alcune delle migliori realtà italiane ed estere, su quale “traforo” ci aspetta nel prossimo futuro.
Vogliamo ottenere una reazione decisa al mondo che sta cambiando. Molte organizzazioni nonprofit, sia grandi che piccole, oggi si sentono ancora abbastanza sicure perché la rivoluzione digitale non è esplosiva. È silenziosa. Lima piano piano gli utili delle operazioni. Quello che ieri produceva 100, oggi produce ancora 90. Non si percepisce ancora la rivoluzione del digital come dirompente, ma semplicemente “interessante”.
Il Digital Fundraising non è riportare su Facebook, Twitter o email quello che si faceva su carta. Non si tratta di potenziare la “linea di trasporto degli asini” o scegliere di farli passare da un’altra parte, magari leggermente più veloce.
Si tratta di smettere di usare i muli e di pensare a nuove tecnologie, a nuovi modi di “portare la merce”. Si tratta di pensare in modo completamente diverso quello che ieri sembrava la normalità. E fare così un “traforo” nel cuore dei donatori!