Al Festival del Fundraising, insieme al Professor Zamagni, affronterò il tema dell’Etica del Fundraising. Siete tutti invitati a esserci, sarà Mercoledi 11 maggio dalle 17,45 in poi.
Ecco alcuni pensieri sul tema, i famosi sette dilemmi etici del fundraiser.
Sebbene la stragrande maggioranza di chi opera nel settore, siano essi membri del consiglio direttivo o semplici volontari, possano essere persone moralmente impeccabili, di tanto in tanto può capitare di prendere cattive decisioni: questo perché non si possono sempre prevedere le implicazioni etiche delle scelte che facciamo.
Nella mia esperienza di fundraising sono riuscito ad individuare sette questioni etiche che ogni soggetto che si occupa di fundraising, prima o poi, finisce col dover fronteggiare. Questi dilemmi non rappresentano necessariamente un ostacolo a raccogliere fondi, ma si tratta comunque di problematiche di cui occorre tenere conto.
Questione 1: Provenienza delle donazioni. Questo problema riguarda il conflitto tra la mission di un’organizzazione e la fonte dei fondi raccolti. È ovvio che Greenpeace non potrà in alcun modo accettare donazioni dalla Shell: ma per esempio questo problema non si pone per una fondazione che si occupa di arte. La mission di un’organizzazione dev’essere sempre al primo posto nei pensieri del consiglio d’amministrazione e dei fundraiser della nonprofit, e occorre evitare di scendere a compromessi con essa.
Questione 2: Compensi. Per ogni fundraiser che si rispetti è profondamente sbagliato accettare metodi di pagamento a provvigione, o su commissione; tuttavia, non è infrequente trovare questo tipo di approccio all’interno delle piccole organizzazioni, che vedono in questo una sorta di approccio alla raccolta fondi “a rischio zero”. Il compenso di un fundraiser non dovrebbe mai essere valutato in base ai fondi raccolti. Nel nonprofit, la spinta dev’essere sempre e comunque la causa, la mission, non la possibilità di guadagno che deriva da una donazione.
Questione 3: Privacy. Le organizzazioni non dovrebbero né ottenere, né conservare informazioni personali e confidenziali non essenziali riguardanti i propri donatori. Non solo: è fondamentale assicurarsi che i membri dello staff non possano entrare in possesso di queste informazioni nel caso in cui cambiassero lavoro. In un’epoca di crescente preoccupazione riguardo la tutela della privacy, le nonprofit devono gestire in maniera metodica tali informazioni sensibili.
Questione 4: Amministrazione. Le nonprofit devono dimostrare che i fondi che l’organizzazione effettivamente utilizzi per gli scopi per cui essi sono stati donati. Le nonprofit sono obbligate ad onorare lo spirito e le intenzioni del donatore.
Questione 5: Onestà e piena trasparenza. La donazione dev’essere un atto consapevole e informato. Alle nonprofit non è concesso edulcorare le loro storie di modo da renderle più accattivanti per un trovare un segmento più largo di donatori. L’onestà è la caratteristica fondamentale su cui si basa un rapporto sano tra donatore e organizzazione.
Questione 6: Conflitto di interessi. Le organizzazioni nonprofit che fanno “affari” con membri del proprio consiglio direttivo devono dimostrare che tali transazioni siano completamente trasparenti e sottostanno alle stesse regole (come ad esempio per le gare d’appalto) che si applicano a tutte le altre transazioni. Un’altra area potenzialmente problematica riguarda la situazione in cui il fundraiser agisca come un esecutore delle proprietà immobiliari dei propri donatori.
Questione 7: Atteggiamento inappropriato. Ci sono tante cose che un fundraiser legalmente può fare, ma che non sono etiche, come per esempio trarre profitto dalla donazione di una proprietà immobiliare, o da un lascito testamentario. Si tratta appunto di atteggiamenti inappropriati.
Il primo passo per cercare di evitare comportamenti poco chiari è proprio quello di conoscere queste aree grigie.
I dilemmi di tipo etico non si pongono infatti laddove vi sia una distinzione lampante tra una decisione giusta e una sbagliata: essi sorgono proprio quando, in apparenza, non esistono decisioni sbagliate.
Per esempio, in riferimento al primo punto: un donatore con la fedina penale sporca offre un milione di euro ad una scuola per effettuare delle migliorie. Cosa fare in questo caso? La natura del reato deve avere un peso sulla nostra decisione di accettare o meno quei soldi? E il fatto che la persona abbia scontato la pena e sia ormai completamente riabilitata?
Non è sempre facile, per una organizzazione nonprofit, essere coerenti coi valori che ha scelto come fondamentali nel portare avanti la propria mission: esistono infatti situazioni in cui questi valori possono essere in conflitto tra di loro. Le questioni etiche sorgono proprio in questi territori di confine.
La cosa importante, prima di prendere una decisione, è cercare di capire bene le ripercussioni che la nostra scelta può scatenare. In linea più generale, è sempre consigliabile consultarsi con qualcuno, condividere la propria prospettiva, ascoltare le idee di chi collabora con noi. Di solito facendo da soli ci si sbaglia di più.