Ed ecco lo scandalo estivo sul nonprofit. Ci mancava! Per fortuna qui il nonprofit non c’entra proprio niente! Un giornalista intelligente scopre che un’azienda profit, ripeto profit, dal nome di Change.org vende le email di coloro che hanno firmato nel suo sito le petizioni per “cambiare” il mondo.Change.org (anche se usa il suffisso .org) è un’azienda PROFIT, ha soci azionisti, dividendi, proprietari. Vende servizi al nonprofit.
Quello che fa è tutto legale.
Dal punto di vista dell’etica utilitaristica nessun problema “Change produce un risultato e se lo fa pagare”. Ma è sufficiente? Il nonprofit non si basa solo sull’utilitarismo.
Il nonprofit si basa sull’etica delle virtù.
L’etica utilitarista fa leva sulle motivazioni estrinseche del nonprofit. L’etica delle virtù fa leva sulle motivazioni intrinseche di chi ci lavora.
Per l’etica utilitarista il nonprofit è solo un mercato.
Per l’etica delle virtù il nonprofit è una vocazione. (attenzione non confondete la parola vocazione con i preti, è da Aristotele che si parla di etica della vocazione).
Chi lavora nel nonprofit sa che non basta l’utile.
Occorre altro.
E non basta che tu mi fornisca un servizio “legalmente corretto”., Occorre altro.
Change.org non fa nulla di illegale. Nulla.
Ma confonde un po’ i piani etici…usa l’etica della vocazione (“cambiamo il mondo una petizione alla volta”) per fare il proprio marketing, ma fattura con l’etica utilitaristica (1 euro a indirizzo…). Nulla di drammatico e di non correggibile. Ma forse è ora che Change.org scelga…rimanere solo “utile” al nonprofit, oppure farne parte. Non può fare entrambi…