Quando ci si innamora, ci si prende cura della persona amata. La si invita a cena o al cinema. Lo si fa perché ci interessa e ci piace farlo. Ci dà gusto. Ogni cosa che si vede, ogni esperienza che si fa, non si vede l’ora di raccontarla e di riderci (o piangerci sopra) insieme. O almeno questo è quello che vivo io.
Ad esempio, quando sono in viaggio, e vedo un bel negozio, o magari un bel quadro, o anche solo un bello scorcio di una strada, mi viene sempre da dire: “Oh cavoli, questa sarebbe proprio piaciuta alla Betti (che è mia moglie)”.
Come diceva Romano Guardini: “Nell’esperienza di una grande amore, tutto diventa avvenimento nel suo ambito”. E tutto questo dovrebbe essere quello che in qualche modo dovrebbe capitare (mutatis mutandis) anche con i donatori.
Invece, quando hanno fatto una donazione, o hanno ripetuto la donazione, o l’hanno regolarizzata, ad un certo punto li si dà per “scontati”. Succede. Si smette di averne cura.
“Tanto ormai sono già due o tre anni che dona”, “Passa tutti gli anni”. Poi tutto ad un tratto un donatore smette di donare. Poi un altro. Poi un altro ancora. “E ora che si fa?”.
Prendersi cura di lui/lei. Ringraziarlo. Riconquistare un donatore perso, è come riconquistare la persona amata. Un’impresa non impossibile, ma certamente difficile.
Il Fundraising Day di quest’anno cerca di analizzare proprio questi aspetti con casi di successo e di insuccesso, Italiani e stranieri.
Vi aspetto al FRDay 2017 il 22 ottobre.
VM