o di quanto sono famose, brave e buone le persone del vostro Consiglio di Amministrazione.
Basta parlare delle conferenze o dei seminari che abbiamo organizzato o dei premi (tipo bollino blu…) per il miglior “qualcosa” (bilancio, servizio, website, ecc) che abbiamo vinto.
Ma chissene….!
Le persone vogliono sapere se noi facciamo qualcosa di BELLO. Di UTILE. Vogliono sapere se il poco o il molto che hanno dato serve a qualcosa. Non vogliono vedere le foto dei Consiglieri di Amministrazione! Vogliono vedere le cose come sono cambiate!!
Fare fundraising è molto più semplice se impariamo a pensare come un DONATORE.
I giorni in cui bastava che le nonprofit facessero del bene e lavorassero come si deve per ottenere donazioni sono finiti.
Oggi, le persone vogliono sapere che stiamo facendo la differenza: che i loro SOLDI stanno facendo la differenza.
Questo significa che non possiamo continuare ad usare le stesse strategie che utilizzavamo in passato. Servono nuovi messaggi che spingano una persona a donare.
Se siamo in grado di rispondere alle domande di un donatore prim’ancora che lui ce le faccia, otterremo la sua FIDUCIA e aumenteremo le probabilità che doni.
E quindi, di nuovo: fare fundraising è molto più semplice se impariamo a pensare come un DONATORE.
La maggior parte dei fundraiser, quando parlano della propria organizzazione, si concentrano solo sui programmi e sulle dinamiche.
Secondo voi, ai donatori, quanto interessano queste cose? Vi rispondo io: un fico secco. Sono più interessati all’impatto sociale, ai risultati. Vogliono sapere che i soldi che donano cambiano in meglio delle vite.
Il problema della maggior parte dei messaggi che mandiamo è che si concentrano sulle cose sbagliate. Ma l’unica domanda a cui dobbiamo rispondere è: cosa vuol sapere il mio donatore?
Per farlo, dobbiamo metterci nei suoi panni.
Cosa vorremmo sapere di una nonprofit per convincerci a donare 5000 euro?
Che sia AFFIDABILE. Che ottenga OTTIMI RISULTATI. Che utilizzi le donazioni in maniera SAGGIA.
Bene. Proviamo a fare questo esercizio:
· prendiamo carta e penna;
· numeriamo ogni riga da 1 a 50;
· iniziamo a scrivere tutte le cose che una persona potrebbe voler conoscere riguardo la nostra organizzazione e i suoi programmi;
· non fermiamoci finché non arriviamo a 50 domande. Se ne troviamo di più, tanto meglio;
· facciamo una classifica delle domande, posizionandole in ordine dalla più importante alla meno importante. Nel farlo ricordiamoci di una cosa: non stiamo scegliendo in base a ciò che noi vorremmo far sapere al donatore, ma in base a ciò che il donatore vorrebbe sapere;
· prendiamo una nuova pagina bianca, e scriviamo le prime 10 domande e le prime 10 risposte.
Fatto? Ottimo: il nostro obiettivo d’ora in poi sarà quello di far conoscere solo ciò che rientra in questa top-ten.
Perché QUESTO è ciò che i donatori vogliono veramente sapere. QUESTE sono le uniche informazioni che dovremmo condividere con lui. QUESTO è ciò che dobbiamo inserire nelle newsletter, sui profili social, nei report annuali, nel sito internet, dappertutto.
QUESTO è ciò che spingerà le persone a DONARE.
Non l’anniversario della nostra organizzazione. Non i nomi dei membri del Consiglio. Non le conferenze a cui siamo stati, o i premi che abbiamo ritirato.
Confrontiamo la top-ten con i messaggi che siamo soliti condividere. Scommetto che sono parecchio diversi!
Questo piccolo esercizio può cambiare radicalmente il nostro modo di pensare un’organizzazione. E può AUMENTARE LE DONAZIONI, perché quando conosci le domande di un donatore e ne anticipi le risposte costruisci con lui un rapporto di FIDUCIA.
Volete ottenere di più quest’anno? È ora di cambiare strategia, e iniziare a pensare come un donatore.