Mi piace pensare alla relazione tra il donatore e l’Onp come ad un matrimonio, in cui ci si prende cura l’uno dell’altra (o dell’altro), un matrimonio che definisco d’“interesse reciproco”. Il compito dei fundraiser, è quello di realizzare “matrimoni di interesse” fra i donatori e la propria Onp. Per farlo dovete presentarvi al meglio delle vostre possibilità, perché la relazione che andrete ad instaurare con il donatore dovrebbe essere di lunga durata. Raccontate cosa fate, cosa volete fare, quali obiettivi volete raggiungere, come volete cambiare il mondo. Fate vedere quanta strada avete fatto, quanto vi siete avvicinati al vostro mondo ideale. Non opprimete il donatore con continue richieste ma fate in modo che sia lui a proporsi, a essere proattivo. Cercate di rendere dinamico e attivo il rapporto, quello che, in termini tecnici, viene definito un cambiamento di strategia da push a pull.
La tecnica push, ossia marketing dell’interruzione, consiste in una interruzione pubblicitaria non richiesta, che sospende la vostra attività. Per esempio una interruption marketing avviene quando guardate la partita in televisione e, ad un certo punto, scatta lo spot televisivo che interrompe l’attività che stavate facendo (quella di guardare in santa pace la partita). Questo spot non è stata richiesto ma è stato imposto. Solitamente genera un sentimento di fastidio nel consumatore ed ha una bassa efficienza, perché la persona in quel momento è interessata a vedere la partita e non vorrebbe essere disturbata dalla pubblicità. Ma in alcuni casi è l’unica opportunità per acquisire dei lead e dei prospect.
Nella tecnica pull, al contrario, è il consumatore che segnala il suo interesse per un certo oggetto o argomento e l’azienda, di conseguenza, cerca di comunicare con lui nel modo più consono alle sue aspettative. Per esempio se avete comprato un libro di fundraising su Amazon, appena esce un nuovo libro sullo stesso tema Amazon vi informa, immediatamente, con una email. Amazon non invia email a tutti quelli che hanno compiuto acquisti per comunicare l’uscita di ogni libro o prodotto (tecnica push), ma definisce e invia le comunicazioni pubblicitarie sulla base dell’interesse manifestato dagli utenti.
Chi otterrà maggiori risultati nel fundraising non sarà chi fa più “rumore”, chi invia più lettere o email per farsi conoscere, ma chi conosce meglio il proprio donatore, chi è più capace di creare matrimoni di interesse. Provate a immaginare se una grande Onp facesse una campagna per chiedere una donazione con la stessa insistenza usata per pubblicizzare una certa marca di detersivi o di auto vetture. La gente penserebbe: “Se al posto di spendere tutti quei soldi in pubblicità li utilizzassero per fare qualcosa di concreto non sarebbe meglio?”. Questo giudizio spazzerebbe via anni di lavoro, in un minuto.
Da ciò si deduce che il marketing push è sicuramente più “pericoloso” nel nonprofit che nel mondo profit, dove in fondo è la norma. Ma qualche volta bisogna correre il rischio. Perchè una nuova Onp, che non ha contatti e che deve iniziare le prime azioni di raccolta fondi, deve per forza cominciare dal marketing push perché permette di acquisire nuovi donatori. Poi, però, superata questa fase, è opportuno applicare strategie pull che consentono di “coccolare” i donatori nel tempo.