La maggior parte dei donatori non è in relazione con l’organizzazione nonprofit
Intendo dire che anche se effettua una donazione, soprattutto se piccola, non si può certo dire che è legato affettivamente a quella organizzazione.
Molte volte il donatore dona in modo un po’ distratto, solamente perché pensa che “sia giusto”.
Ma da qui a dire che il donatore è un “evangelista” della nostra Causa e che darebbe la vita per l’organizzazione ne passa tanto.
Moltissimi donatori non percepiscono nemmeno di essere donatori.
Ci sono persino donatori che non ricordano il nome dell’organizzazione a cui hanno donato.
Occorre dedicare più tempo a chi sostiene la nostra Causa
È questo uno dei principali motivi per cui sarebbe davvero necessario costruire una relazione più stretta con i donatori.
Sarebbe davvero importante ridurre la distanza tra la Causa e i suoi donatori coinvolgendoli sempre di più.
La cosa incredibile è che da una parte il donatore ha un’elevata aspettativa (quasi, giusta pretesa) nei confronti dell’organizzazione nonprofit che i soldi donati vengano utilizzati al meglio. Dall’altra è quasi anaffettivo nei confronti dell’organizzazione stessa.
Pretende di capire come vengono fatti i progetti che lui finanzia. Ma poi nel breve spazio di qualche minuto se non trova informazioni facili da capire, e se non “sente” che la nonprofit fa di tutto per coinvolgerlo, molla la presa e dice: vabeh, è lo stesso!
La differenza dei donatori di una o due generazioni fa, i donatori di oggi (specialmente i Baby Boomers, quelli nati fra il 1950/1955 e 1965/1970) non si percepiscono più come soggetti passivi. Si sentono attori protagonisti, legittimati ad avere un ruolo attivo.
Sfortunatamente molte organizzazioni non profit, a volte in modo inconsapevole, altre volte in modo diretto, non si preoccupano di tentare il coinvolgimento del donatore. Chi invece ci prova ha degli ottimi risultati.
Donor Love, ama il donatore
Oggi negli uffici di raccolta fondi si inizia a parlare di dipartimento di “DONOR LOVE”, ovvero una o più persone dedicate alla cura e al coinvolgimento dei donatori.
Non si tratta solo di fare fundraising direttamente, ma di pensare strategie per coinvolgere sempre di più i donatori (e anche i non donatori) nelle attività dell’organizzazione per ottenere sempre più coinvolgimento e impegno.
Penso alla ricerca di volontari. Ma non c’è solo questo. Può essere utile organizzare incontri (la giornata del donatore?), riunioni (per parlare dei progetti futuri). O ancora organizzare viaggi nei luoghi dove la nonprofit opera. Sedicarsi a programmi speciali per coloro che sono soci. Ma anche contatti telefonici diretti e personali con i donatori, comunicazioni frequenti mediante newsletter e telefonate.
Ecco perchè penso che il fundraiser di oggi deve coinvolgere sempre di più il donatore.
Certo, questo richiede maggiore impegno e la paura che i ritorni economici potrebbero tardare ad arrivare. Ci vuole pazienza, molta pazienza (alcune volte anche anni).
Ma – fidatevi – l’esito sulla raccolta fondi è notevole.
Valerio
ps. Dai che è quasi il week-end, ci sentiamo prossima settimana!