Serve ancora il Terzo Settore?
Risolve i probelmi, commuove, unisce, scalda. Questo è il potere del nonprofit.
Eppure continua ad essere in svantaggio rispetto al mondo profit.
Abbiamo forse smesso di sognare?
I problemi sono sotto gli occhi di tutti: l’attacco alle ONG degli ultimi anni e la crescente idea inquinata di nonprofit che ha maturato l’opinione pubblica.
Perché tutto questo? Ė ora di ridefinire con forza lo stile con cui il nonprofit è visto dalla società. Ambizioso? Forse sì, ma Coraggio! Tiriamo fuori il nostro orgoglio e riprendiamoci la nostra libertà.
Cambiamo (noi) lo storytelling sul Nonprofit
Non sono per una difesa d’ufficio del nonprofit.
Ho conosciuto e conosco tanta gente davvero brava che lavora in questo mondo. Senza particolari contributi dello Stato, senza grandi investimenti di capitali, ma con lo straordinario sforzo della volontà di queste persone che vogliono provare a cambiare un po’ di mondo.
Eppure anche nel nonprofit c’è chi sbaglia, non siamo tutti bravi.
Il punto però è che se un’azienda profit imbroglia, le altre aziende del stesso settore non vengono accusate, ma anzi ottengono dei benefici perché con tutta probabilità si prendono la fetta di mercato che occupava quell’azienda.
Con il nonprofit non funziona così, anzi: se un’organizzazione fa un errore, allora TUTTE le altre nonprofit vengono penalizzate. Si applica la regola popolare di fare di tutte le erbe un fascio. E la Rete, i luoghi virtuali di oggi, non fanno che amplificare questi luoghi comuni. Spesso l’aggressività governa tra post, stories e commenti infiniti.
Ė questo che dobbiamo combattere, e questo che dobbiamo dire a chi si esprime con questo stile. Non serve fare la difesa d’ufficio. Che non fa altro che propagare la frustrazione della gente e l’odio delle giurie popolari.
Il Terzo Settore deve iniziare a pensare a un nuovo storytelling, scientifico e rigoroso, e non nazional popolare. Dobbiamo raccontare il nonprofit in modo diverso e combattere un certo modo di pensare il nonprofit, su cui chi attacca il nonprofit ha gioco facile.
Perché non spieghiamo con forza che i costi generali sono un bene?
Perché continuiamo a “semplificare” sul nostro sito come usiamo i fondi raccolti?
“Per ogni euro ricevuto l’85% va per i progetti sul campo e il resto per le spese generali di gestione (una piccolissima parte eh!) e di raccolta fondi”.
Quante volte troviamo questa immagine sulle nostre brochure?
Io dico Troppe! Troppe volte continuiamo a nascondere i costi generali come se fossero un male, presi dalla paura del giudizio della gente.
Perchè abbiamo paura di dire che uno stipendio più alto può voler dire molte volte (non sempre, per carità) che ho una persona più brava?
Perchè dobbiamo nascondere i costi del marketing, quasi fosse un delitto comunicare e farsi vedere? Perché?
Il problema non è chi parla male o chi parla bene, o almeno non è solo questo. Il problema siamo anche noi, che ci limitiamo a reagire.
“Non è vero che siamo i taxi del mare”
“non è vero che sfruttiamo i volontari e la Causa”
“non è vero che nonprofit vuol dire non pagare”.
Non solo NON Ė VERO, ma dobbiamo anche spiegare, spiegare e rispiegare l’idea di nonprofit. Dobbiamo riposizionare il nostro modo di comunicare.
Rompere lo status quo e trovare comunicazioni “ribelli”, non convenzionali.
Sarà difficile perchè l’idea che la gente si è fatta del nonprofit è semplicemente sbagliata. Ci vorrà del tempo, ma serve nuovo modo di raccontare il nonprofit. Che non gioca sulla difesa, ma sull’orgoglio delle scelte che facciamo. Nel nonprofit c’è professionalità, ci sono professionisti, e anche bravi. Queste cose vanno dette, e dette nel modo giusto. Viva il nonprofit!
Valerio Melandri
Questo pezzo è tratto dal mio intervento al Nonprofit Day di martedì 22 ottobre a Milano. Abbiamo iniziato un percorso ambizioso di riflessione che ci porterà al Festival del Fundraising 2020, per provare ridefinire insieme, passo dopo passo, lo stile con cui il Nonprofit è visto dalla società.