Mai come ora si parla di raccogliere fondi per dare un contributo in questo momento di emergenza sanitaria. E mai come ora è importante che chi raccoglie fondi sia etico e affidabile.
Ben vengano le iniziative di raccolta fondi spontanee: la coesione sociale che si genera davanti a momenti come quello che stiamo vivendo, va incoraggiata e sostenuta. Il desiderio di essere utili che diventa slancio per raccogliere, donare, fare volontariato è sacro e come tale va difeso e nutrito. Ma non si può dimenticare che chi fa raccolta fondi deve garantire professionalità e trasparenza, come afferma la mission che da 20 anni anima l’attività del primo e più noto percorso universitario italiano Master in Fundraising, Università di Bologna e dell’Associazione Festival del Fundraising. La scelta è nelle mani dei donatori, quello che devono sempre pretendere sono etica, impatto e affidabilità.
Il caso Codacons sollevato da Fedez (su cui come Master e Associazioni, ci sentiamo di sostenere pienamente l’azione di Fedez) è solo un esempio di quello che può accadere quando non vengono garantite chiarezza e trasparenza, non solo nella gestione dei fondi raccolti, ma anche nella comunicazione ai donatori. Sfruttare la leva dell’emergenza come acchiappa click per poi dirottare le donazioni su altra causa (indipendentemente da quale essa sia) non solo è scorretto ma è profondamente dannoso per tutto il nonprofit.
Episodi di questo tipo generano crisi di fiducia in modo indistinto per tutto il settore e rischiano di compromettere le campagne di raccolta fondi di tutti.
Ancora una volta, quello che emerge da questa brutta pagina di attualità è la vitale necessità che chi opera nel settore nonprofit, sia un professionista con un chiaro obiettivo sulla raccolta e sull’uso che verrà fatto delle donazioni. La generosità e la fiducia con cui gli italiani stanno rispondendo ai tanti appelli, vanno trattate con rispetto, ricambiate con la massima trasparenza.
È un problema di cultura, dobbiamo capire quanto sia importante affidarsi a dei professionisti. Faccio un esempio molto pratico. Se abbiamo bisogno di un medico, di un avvocato o di un commercialista, a chi preferiamo rivolgerci? All’amico, al vicino, che ha tanta buona volontà e che desidera davvero darci una mano, ma non ha una qualifica e una reale competenza, o a un professionista che sappia muoversi sul campo con esperienza e senza incertezze? Ecco, lo stesso ragionamento dovremmo farlo ogni volta che decidiamo di donare. Solo in questo modo potremo evitare che i donatori si sentano presi in giro, quando non addirittura truffati.
Quando pensiamo alla raccolta fondi oggi, pensiamo alla sanità. Ma queste non sono le uniche realtà ad averne bisogno. Non dimentichiamoci dell’arte e della cultura, del sostegno ai poveri, delle persone con disabilità, degli anziani, e delle tantissime altre cause in cui l’impegno quotidiano di milioni di persone fa la differenza.
Sicuramente sarebbe più opportuna una gestione di raccolta fondi programmata e non basata sull’urgenza, per assicurare a realtà così fondamentali per la nostra società civile di svolgere al meglio il proprio lavoro. E permettere ai donatori di sostenere i settori più in difficoltà, anche nel caos che inevitabilmente si genera in contesti di emergenza, con serenità e certezza dell’impatto che avrà la loro donazione.