Impara a conoscere meglio i tuoi donatori e a entrare in empatia con loro
Fare fundraising significa capire di cosa ha veramente bisogno il donatore e ascoltarlo, permettendogli di entrare in empatia con i beneficiari dell’organizzazione. Lucia e Stefano questo lo sanno molto bene, e ti raccontano come farlo attraverso una serie di esempi interessanti.
Lucia Scigliano, Fundraiser & CRM Manager presso Istituto Clinico Humanitas, Master in Fundraising di Forlì 2013
Lucia, laureata in Scienze Statistiche ha svolto per undici anni volontariato a favore dei bambini ospedalizzati. Queste esperienze hanno rafforzato in lei il desiderio di aiutare concretamente coloro che si trovano in condizioni di maggiore bisogno. Per questo motivo che Lucia ha deciso di frequentare il Master in Fundraising nel 2013, il quale le ha permesso di professionalizzare la sua ambizione.
Lucia, che tipo di raccolta fondi viene svolta in Humanitas?
Facciamo raccolta fondi sugli individui, perlopiù pazienti che sono riconoscenti all’Istituto, ma abbiamo anche un’importate rete di aziende attorno a noi. Sugli individui in particolare portiamo avanti l’attività del 5×1000 per acquisire nuove anagrafiche.
Per la nostra attività d fundraising, sono un importante strumento per l’acquisire nuove anagrafiche. Ecco come funziona: le cartoline vengono distribuite all’interno di tutti gli ospedali del Gruppo Humanitas e quello che chiediamo sia ai pazienti e agli accompagnatori è di indicarci l’area di ricerca che gli sta più a cuore perché sulla base delle indicazioni di voto ricevute, Humanitas redistribuisce il 5×1000 alle specifiche aree di ricerca.
Raccontaci un’idea fatta da un collega che ti è piaciuta e che vorresti replicare…
L’idea che vi propongo viene direttamente da un’altra puntata di Casa Fundraising in cui era protagonista Lorenzo Ridi di Oxfam. Sono rimasta colpita dal loro modo di acquisire dati qualitativi sui donatori attraverso delle survey (dei questionari). Un modo efficace di segmentare le informazioni a disposizione sui propri sostenitori e costruire per loro comunicazioni sempre più personalizzate. Un’idea che lo stesso Lorenzo ha raccontato di aver imparato da uno studio di Institute for Sustainable Philanthropy, di Adrian Sargeant e Jen Shang, entrambi ospiti alla 13° edizione del Festival del Fundraising.
Qual è per te Lucia la difficoltà maggiore che affronti ogni giorno nel tuo lavoro?
Una criticità che ritrovo spesso nel mio lavoro è la mancanza di approccio strategico al fundraising che a volte manca su tutti i livelli. Questo purtroppo porta chi non è un tecnico del settore ad avere un approccio alle volte troppo semplicistico al lavoro di raccolta fondi.
Stefano Ficorella, Head of Digital Fundraising presso ActionAid Italia, Master in Fundraising di Forlì 2014
Stefano, Classe ’87, durante la fine degli studi universitari in Scienze Politiche a Roma ha svolto uno stage nell’area one to one in Medici Senza Frontiere. Lì ha capito che la raccolta fondi era la sua strada e nel 2014, anno in cui ha frequentato il Master in Fundraising a Forlì, entra in ActionAid.
In cosa consiste il lavoro di Digital fundraiser, ad esempio in ActionAid?
In ActionAid, da maggio dello scorso anno sono Responsabile dell’Unità Digital Fundraising. Nello specifico mi occupo di acquisire sostenitori regolari, in particolare tramite la promozione del sostegno a distanza. I canali digitali che utilizziamo per acquisire nuovi donatori regolari o coltivare quelli già acquisiti sono tantissimi. Un esempio? Facciamo tanto email marketing, ma utilizziamo anche tanto i nostri canali social.
In particolare però ci occupiamo di acquisire nuove donazioni regolari legandole principalmente al sostegno a distanza, questo perché è un canale che ci garantisce tanta solidità in termini di raccolta fondi.
Vi basti pensare che in media, i donatori rimangono con noi per 10 anni, per questo ci concentriamo prevalentemente sulle donazioni regolari, concentrandoci un pò meno sulla parte di lead generation (il primo scalino della piramide).
Una delle ultime campagne di successo di ActionAid?
Si tratta di un video, realizzato con i The Jackal: Come sarebbe potuto essere il 2020 se fosse stato un anno “normale”, o addirittura straordinario?
Un’idea geniale che hai visto in giro e ti ha colpito?
Un’idea che mi ha molto colpito è stato in particolare un video. Si tratta di un video di settembre 2019 realizzato dalla Fondazione EBRI Rita Levi Montalcini che ha lanciato in occasione della giornata mondiale dedicata all’Alzheimer.
In pratica, all’interno di un supermercato, hanno presentato degli oggetti strani, irriconoscibili alle persone, per far rivivere ai possibili donatori l’esperienza che tutti giorni vive un malato di Alzheimer.
Il video è molto intenso e molto bello perché ti fa vivere in prima persona e da vicino il problema del paziente.
Cosa cambieresti nel tuo lavoro oggi?
Sarebbe bello se riuscissimo a fare le cose con più velocità, per rispondere meglio alle esigenze che arrivano dai nostri progetti e per servire nel miglior modo possibile i sostenitori.
Grazie a Lucia e Stefano per queste due testimonianze molto interessanti!