10 Aprile 2021

CASA FUNDRAISING STAR 73! | Luca Stigliani, Progetto Arca & Angie Scala, Casa della Carità

Ripensare il fundraising: 2 idee da copiare!

Il 2020 è stato un anno difficile per i fundraiser che si sono dovuti ripensare, trovando nuovi modi di fare raccolta fondi, idee nuove, innovative, per continuare a stare al fianco dei propri donatori e fargli sentire lo stesso senso di vicinanza in un anno così particolare. E Luca e Angie, ci sono riusciti.  Per scoprire come, leggi l’articolo. Buona lettura!

Luca Stigliani, Direct Marketing Specialist Fondazione Progetto Arca, Master in Fundraising di Forlì 2014

Il primo insegnamento che ha ricevuto Luca appena arrivato a Fondazione Progetto Arca è che la pianificazione e l’organizzazione del lavoro favoriscono il genio e la creatività. A chi si affaccia oggi al fundraising consiglia di coltivare le relazioni. La comunità dei fundraiser è speciale perché anche lo studente del Master in Fundraising alle prime armi può avere la possibilità di confrontarsi con i numeri uno del settore, al Festival del Fundraising ad esempio. E queste occasioni non vanno sprecate, assolutamente!

Luca, un’idea vincente che avete realizzato a Progetto Arca durante il periodo Covid?

Il Brindisi in Famiglia di Progetto Arca. 

In Progetto Arca organizziamo in prossimità delle feste di Natale il “Pranzo in Famiglia”. Un pranzo/evento con i donatori presso l’Abbazia di Mirasole, a Opera. Quando è stato chiaro che non sarebbe stato possibile farlo in presenza, ci siamo mossi con il piano B: “Il Brindisi in Famiglia”. Un momento di incontro, di vicinanza e di condivisione, ovviamente in video, che abbiamo scelto di fare su Zoom. Nello specifico, abbiamo:

  • Stabilito un numero ideale di partecipanti per la buona riuscita della brindisi call (min 50 max 70)
  • Selezionato un target di anagrafiche secondo criteri di RFM e di vicinanza geografica
  • Predisposto il piano di contatto e comunicazione (dem, workflow, telefono)
  • Attivato aziende amiche per i prodotti della Brindisi Box
  • Gestito la logistica

Su 800 anagrafiche contattate, abbiamo spedito 81 brindisi box e 56 donatori (+ accompagnatori) si sono collegati per il Brindisi virtuale.

La Brindisi Box conteneva: una lettera a firma del Presidente, un flyer “Salviamo il Natale dei senzatetto”, un biglietto di Natale musicale, una candela di Progetto Arca, un panettone, una bottiglia di prosecco, due calici, un barattolo di cioccolata e tanto amore!

Anche se non si è trattato di un vero e proprio evento di raccolta fondi abbiamo ricevuto donazioni sia prima che dopo l’evento. Un’attività di puro Donor Care, è stata inserita all’interno della più ampia campagna natalizia di raccolta fondi “Salviamo il Natale dei senzatetto”.

Luca, da dove avete preso spunto per quest’idea?

E quest’idea mi è venuta prendendo spunto dal Kit del Festival del Fundraising. Quando ho visto questa idea ho subito pensato “dobbiamo farlo anche noi!!”. E questo per alcuni semplici (ma non banali!) motivi, nello specifico:

  • Il momento storico. In piena pandemia, anche noi in Arca, come tutti, eravamo intenti a capire come rendere in digitale la “Zuppa della Bontà”, il nostro evento di piazza. Non stavamo ancora programmando il Natale, ma appena ho visto sui social del Festiva l’idea del Kit mi si è accesa la lampadina. “Caspita, dobbiamo adattarla al nostro Pranzo in Famiglia coi donatori”, ho pensato subito!
  • La curiosità. Da partecipante del Festival ero curioso di sapere cosa avrei trovato dentro il Kit, e la curiosità è una leva di marketing eccezionale.
  • L’idea di community. Quando sui social del Festival sono iniziate ad apparire le prime foto dei fundraiser che ricevevano il Kit a casa, si è sentito forte il senso di community.
  • La gratificazione. Quando il Kit mi è arrivato ero proprio felice. Ho avvertito che lo staff, con quel pacco, aveva avuto un pensiero per me.

Luca, cosa cambieresti nel fundraising oggi?

Cambierei l’idea generale che hanno di noi le persone, ad esempio la terminologia “fundraiser” è ancora molto legata all’idea dei soldi ma noi sappiamo che è molto di più. Per questo trovo il termine Donor Raiser già più indicato. Ma penso che siamo noi (fundraiser) a dover impegnarci di più per portare un vero cambiamento all’interno della nostra professione.

Angie Scala, Fundraiser a Fondazione Casa della Carità “A. Abriani” Onlus, Master in Fundraising di Forlì 2010

L’insegnamento più grande che Angie ha ricevuto in questi anni di lavoro è: ascolta e condividi”, e se potesse dare un consiglio a chi inizia a occuparsi ora di fundraising direbbe di… crederci tanto e sempre, se è veramente quello che si vuole. Le difficoltà saranno tante, la strada da fare anche, ma non dobbiamo mai dimenticarci del perché abbiamo scelto questa strada e non un’altra… 

Angie, raccontaci un’idea vincente che avete realizzato a Casa della Carità…

Mi piacerebbe raccontarvi di quando i nostri volontari, inizialmente scettici, sono diventati dei veri e propri fundraiser.

Era marzo 2020 e alla Casa della Carità, visto il momento di emergenza sanitaria e le preoccupazioni che questa comportava, abbiamo sentito l’esigenza di contattare i nostri donatori per telefono e chiedere a loro non la solita donazione ma semplicemente come stavano, come vivevano questo momento. Facile da dirsi ma da farsi?

Abbiamo quindi pensato ai nostri volontari!

I volontari della Casa della Carità sono circa 100 e molti sono pensionati che hanno deciso di dedicare il loro tempo prezioso ai più sprovveduti.  Queste persone erano abituate a venire in Fondazione anche tutti i giorni e all’improvviso, come tutti, si sono ritrovati a casa senza fare niente.

Così abbiamo pensato… facciamo fare le telefonate ai donatori ai nostri volontari!

All’inizio molti di loro erano scettici, ma poi li abbiamo tranquillizzati, abbiamo fatto con loro diversi incontri per mostrare loro lo script della telefonata e anche delle prove.

Una volta che si sono sentiti pronti abbiamo dato loro degli elenchi excel con i nomi dei donatori, i numeri e uno spazio per inserire le note e l’attività è partita. 

 

Dopo 15 giorni circa ci siamo risentiti tutti insieme per fare il punto e capire com’era andata… l’entusiasmo è stato generale e inaspettato!

Le telefonate sono andate benissimo, i donatori erano felici e stupiti di ricevere una chiamata in un momento così difficile da parte di un volontario della Casa, di ricevere notizie aggiornate, di parlare, sfogarsi, confrontarsi.

E i volontari erano ancora più entusiasti. Ricordavano i nomi di alcuni donatori a memoria, se avevano figli, nipoti, dove vivevano. Molti erano loro coetanei ed è stato facile far nascere un’empatia.

I volontari ci hanno ringraziato, finalmente non si sentivano più inutili, finalmente potevano fare ancora qualcosa per la Casa della Carità e hanno capito che fare fundraising significa instaurare delle relazioni e non solo chiedere denaro. Dall’altra parte invece, i nostri sostenitori grazie a questa attività si sentono ancora più partecipi, legati a noi, e si sentono parte della grande famiglia della Casa della Carità.

Angie, raccontaci un’idea fatta da un collega che ti è piaciuta e che vorresti replicare…

Vorrei parlare di un’attività dell’Istituto Serafico di Assisi, Vivi il Serafico, per partecipare anche da lontano alle attività dei ragazzi.

La campagna che è stata ideata per incentivare l’attivazione delle donazioni regolari e coinvolgere di più i sostenitori nelle attività dei ragazzi di tutti i giorni.

In cosa consiste?

Sul sito del Serafico, si può scegliere il sostegno regolare, ma qui non si apre la solita pagina con l’importo da donare in primo piano e la frequenza del sostegno, ma prima di tutto ti invitano a scegliere un progetto che ti sta a cuore, in relazione anche agli interessi e agli hobby del donatore. Una volta che hai inserito la tua preferenza puoi scegliere l’importo che vuoi donare in maniera continuativa o annuale.

Inseriti i tuoi dati e attivata la donazione, a seconda del progetto scelto riceverai come mail di benvenuto un breve video molto divertente e allegro di uno dei ragazzi del Serafico, che ad esempio ti mostra come fa la pizza o altre cose.

Successivamente, la persona che ha attivato la donazione riceve con una frequenza “soft” la newsletter dell’Istituto Serafico e un mailing di ringraziamento cartaceo, contenente un piccolo gadget proprio legato al progetto che ha scelto il sostenitore.

Mi è piaciuta molto questa iniziativa perché in un momento così difficile come l’emergenza sanitaria è stato un modo per rendere partecipi i sostenitori alle attività dei ragazzi all’interno del Serafico, soprattutto in un momento dove non si poteva visitare la struttura.

Ma è anche stato un modo per intercettare diversi mondi di interessi (cucina, teatro, arte, musica) che si convergono con gli interessi dei ragazzi.

 

Grazie a Luca & Angie per questa bella intervista!

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