Capire la motivazione per cui uno dona è importante, certo, ma in realtà è solo una parte dell’insieme.
Perché la motivazione racconta ciò che spinge una persona a donare, ma non dice che persona sia veramente il donatore.
E finché non sai chi è quella persona, e come si sente quella persona quando dona, non puoi dire di conoscere veramente il tuo donatore.
Ripeto: conoscere il perché uno ha donato è importante… (anche perché per chiedere un’altra donazione alla stessa persona si pigia sugli stessi tasti… e di solito funziona).
Esempi? “Dono perché mi interessano i bambini poveri“, “dono perché è una causa locale/internazionale“, “dono perché mi guadagno il paradiso“, “dono perché è una piccola/grande entità“, ecc.
Di solito si porta a casa, di nuovo, il risultato.
Ma sapere chi è il donatore, e non solo perché dona, è molto più importante. Conoscendo chi è la persona, e non solo le sue motivazioni al dono, si va al cuore della persona. E facendo così si raccoglie di più. Te ne parlo in 500 parole.
Jen Shang è probabilmente la maggior studiosa del far crescere le donazioni cercando di far conoscere il donatore come persona, e non solo le sue motivazioni.
La formazione tradizionale nel fundraising si concentra sulle motivazioni dei donatori. Tutto è incentrato sul perché una persona dona.
La “psicologia filantropica”, area di studio inventata proprio da Jen Shang, invece, va più in profondità. Essa guarda a cosa le persone dicono di se stesse quando donano. “Che tipo di persona sei quando doni?” “Chi vuoi essere al tuo meglio?“ È questo il punto.
Una volta capito questo concetto, come fundraiser puoi scrivere e parlare ai tuoi donatori in modo da celebrare “chi sono loro” invece di “che cosa stanno facendo”.
Le ricerche di Jen Shang mostrano che le persone, quando sentono che la loro donazione è significativa per il destinatario, col tempo trasformano persino il loro senso di “chi sono”, donano di più e donano più a lungo.
Questo significa:
- donazioni più grandi;
- maggiore frequenza delle donazioni;
- migliori tassi di ritenzione dei donatori.
Perchè succede?
Potremmo parlarne per ore e ore, e nelle prossime newsletter lo faremo.
Ma per farla breve, ci sono due ragioni molto semplici:
- Le persone cercano esperienze che le facciano stare bene.
- E quando le trovano, vogliono ripeterle.
“Il tuo lavoro di fundraiser” – afferma la Shang – “è quello di collegarti all’identità dei tuoi donatori in modo da migliorare (ed aumentare) la sensazione di piacevolezza connessa alla donazione e, di conseguenza, il benessere dei donatori”.
Quindi, la prossima volta che parli ai tuoi donatori, non fermarti al perché donano. Vai oltre.
Scopri chi sono. Celebra chi vogliono essere. Farai crescere le donazioni e l’amore insieme.
Vuoi sapere in che modo? Te lo racconto la prossima volta.