Mi sono studiato il discorso di Papa Bergoglio al G7 sull’intelligenza artificiale.
L’ho trovato interessante per ogni fundraiser che usi l’AI.
Ho scelto le 3 parti che hanno più a che fare con il fundraising e ve le voglio commentare, in 500 parole.
1. Le macchine scelgono, gli uomini decidono.
«Ciò che la macchina fa è una scelta tecnica tra più possibilità e si basa o su criteri ben definiti o su inferenze statistiche. L’essere umano, invece, non solo sceglie, ma in cuor suo è capace di decidere.
Per questa ragione, di fronte ai prodigi delle macchine, che sembrano saper scegliere in maniera indipendente, dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere la decisione, anche con i toni drammatici e urgenti con cui a volte questa si presenta nella nostra vita.
Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine.»
Qui la vicenda è semplice.
Un esempio: siete in 4 amici a bordo di una vettura con guida automatica. In mezzo alla strada si butta una persona. Cosa potrebbe succedere? Molto probabilmente la macchina (cioè la sua intelligenza artificiale) potrebbe scegliere di investire la persona per salvare le altre quattro persone: un mero calcolo automatico in cui meglio salvare quattro persone che una sola. Questa non è una decisione, è una scelta.
Ma davvero noi faremo la stessa scelta? Non considereremmo altri aspetti oltre al mero calcolo automatico di quante vite ci sono in gioco? Una scelta deriva da un calcolo matematico, ma le nostre decisioni includono emozioni, valori e intuizioni.
Mutatis mutandis: nel fundraising, anche se un algoritmo può suggerirci il miglior donatore potenziale, la decisione di contattarlo e come farlo dovrebbe essere nostra. In questa fase, non delegherei completamente questa responsabilità.
2. Nessuna innovazione è neutrale
«Non dobbiamo dimenticare infatti che nessuna innovazione è neutrale.
La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre.
Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata.»
Questo vale anche per l’AI nel fundraising. Se non stiamo attenti, rischiamo di creare un sistema che favorisce solo certi tipi di donatori o esclude altri. Dobbiamo usare l’AI in modo che rispecchi i nostri valori e obiettivi umani.
È noto infatti che la maggior parte degli errori che fa l’intelligenza artificiale deriva dal fatto che in passato le percezioni erano completamente diverse: se in passato, ad esempio, le donne non lavoravano, o venivano pagate di meno, o erano a rischio assunzione a causa del “rischio” di maternità è molto probabile che l’intelligenza artificiale, giocando con le carte del passato, riporti nel futuro questa stessa impostazione.
3. L’Intelligenza Artificiale potrebbe uniformarci ancora di più.
«Non possiamo nascondere il rischio concreto, poiché insito nel suo meccanismo fondamentale, che l’intelligenza artificiale limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo il rapporto e l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socio-economici e culturali uniformi.
Il paradigma tecnologico incarnato dall’intelligenza artificiale rischia allora di fare spazio a un paradigma ben più pericoloso, che ho già identificato con il nome di paradigma tecnocratico»
L’AI può essere un grande alleato nel fundraising. Può analizzare enormi quantità di dati per identificare i potenziali donatori, prevedere chi è più propenso a donare e suggerire il momento migliore per fare una richiesta.
Esistono già modelli predittivi (che al momento non funzionano, bisogna dirlo… ma in futuro la via è tracciata). Questi strumenti ci permettono di ottimizzare le strategie e ottenere risultati migliori con meno risorse.
Ma attenzione, non possiamo affidare tutto all’intelligenza artificiale. Un algoritmo non può sostituire il tocco umano, l’empatia e le relazioni personali che sono alla base della raccolta fondi. La decisione finale su come e quando chiedere un contributo deve essere guidata dall’intuito e dal cuore umano.
La decisione finale su come e quando chiedere un contributo deve essere guidata dall’intuito e dal cuore umano.