Molto spesso, nelle organizzazioni nonprofit, c’è qualcuno che tiene in mano tutti i rapporti e tutte le relazioni. Che in modo implicito, sembra dire “io sono il vostro database”.
Lo può dire il Presidente, che magari è 20 anni che è dentro a quella organizzazione e quindi conosce tutti i donatori uno per uno, lo può dire qualche membro del Consiglio di Amministrazione, che è ovviamente in buona fede ed è in grande coinvolgimento con l’organizzazione stessa, ma in realtà questa è un’affermazione che ostacola la crescita dell’organizzazione. Ve lo racconto in 500 parole.
Vedete, gli americani hanno un termine molto simpatico per chiamare questa situazione: “Founder Disease”, che in italiano si tradurrebbe con “Malattia del Fondatore”.
Ma che cosa si intende con “Malattia del Fondatore”?
È una condizione che si verifica quando un fondatore, che ha creato l’organizzazione, l’ha inventata, le ha dato una spinta forte (soprattutto nei primi 5/10/15 anni di vita), ma poi non riesce, con il tempo, a delegare tutto il suo sapere, le sue relazioni, i suoi rapporti, e continua a detenere un “potere” spropositato all’interno dell’organizzazione in termini di “mappe relazionali”. Questo ostacola l’organizzazione perché una persona sola concentra su di sé il grande valore che un’organizzazione nonprofit ha – nel nostro caso il suo database.
Un grande presidente, (e un grande Consiglio di Amministrazione) trasferisce sul database tutti i dati possibili e immaginabili sui rapporti e sulle relazioni che si hanno. Affinché quei rapporti e relazioni diventino di “proprietà” dell’organizzazione stessa, e non solo del suo presidente.
A questo serve il database, è la raccolta della storia dei rapporti fra i donatori e l’organizzazione nonprofit.
Il database non è un software, il database non è un meccanismo, il database non è una raccolta di dati, ma è la storia d’amore tra i donatori e l’organizzazione nonprofit che essi sostengono.
Quando il fondatore, o chi per lui, detiene tutti i rapporti (per carisma, per anzianità, per coinvolgimento che ha avuto in passato) e non oggettivizza questi dati, non li mette inseriti in un database che poi possa essere lasciato ai posteri e utilizzato dai colleghi in un modo oggettivo, ecco questo ostacola enormemente lo sviluppo dell’organizzazione nonprofit. Perchè tutte le volte che devo sentire Tizio ho bisogno di risentire quello che ha il rapporto, perchè tutte le volte che devo sentire Caio ho bisogno di farlo sentire da chi ha il rapporto con questa persona.
“Io sono il vostro database” è una frase mai detta ma che, in un qualche modo, è implicita in moltissime persone che hanno dato tantissimo alle organizzazioni nonprofit, quelle che hanno creato e fondato ma che in un qualche modo non si liberano dalla totale esclusività dei rapporti.
Per questo il database è assolutamente importante e può aiutare il più possibile a fare questo meccanismo di de-personalizzazione dal donatore.
Quindi quando sentite o respirate il fatto che il fondatore o alcuni membri del CdA o il direttore generale, tiene in mano le fila di tutti i rapporti ma questi rapporti non sono stati codificati in un database, in una raccolta di mosse, di comportamenti, di numero di donazioni, di frequenze di donazioni, di recenze di donazioni, state certi che questo è un ostacolo al mondo del fundraising.
“Io sono il vostro database”? NO. Io sono A SERVIZIO dell’organizzazione nonprofit, io metto a servizio tutte le mie conoscenze, tutti i miei rapporti, e le codifico all’interno di un database che racconti per il momento attuale e per il futuro tutte le relazioni, piccole e grandi, che si hanno con i donatori.
Perché ricordatevi sempre: il valore di una azienda profit sono i suoi asset patrimoniali, i suoi prodotti e la sua quota di mercato, ma il grande valore di un’organizzazione nonprofit è uno solo: il suo database.