Quando mi immergo nella revisione dei testi qui in ufficio, mi accorgo spesso di una mancanza cruciale: il mozzo, il fulcro intorno al quale ruota tutto.
A quel punto vado a chiedere all’autore o all’autrice: “Ma qual è il mozzo di questo testo?” . Gli sguardi dubbiosi che ricevo come risposta mi portano a parlare una volta per tutte del mozzo, in quasi 500 parole.
Parto dallo spiegare che cos’è il mozzo.
Il mozzo è il punto centrale della ruota della bicicletta, da cui si dipanano tutti i raggi.
Nella scrittura, rappresenta il punto focale del messaggio, direttamente collegato all’azione che si desidera dall’interlocutore.
Il mozzo non è una semplice caratteristica del testo, ma è proprio l’elemento fondamentale su cui si basa l’intera comunicazione! Ogni parola, ogni frase, ogni concetto deve convergere su questo punto, lavorando insieme per raggiungere l’obiettivo desiderato.
Quando si scrive, l’azione da provocare nel lettore può essere descritta in vari modi, come i raggi di una ruota.
Può essere un’azione sensoriale, emotiva, razionale o di altro tipo. Tuttavia, indipendentemente dallo stile o dal tono del testo, il mozzo deve rimanere sempre lo stesso.
Se in un’e-mail ho un obiettivo specifico, che è magari quello di ottenere che si compia un’azione sulla base di un certa idea che ho, tutta la mia comunicazione deve ruotare su quell’idea specifica.
Quindi quando esprimo il concetto di mozzo non sto descrivendo il concetto di semplicità (a meno che l’e-mail abbia come mozzo il concetto di semplicità – e allora ti giochi tutte quante le possibili idee sulla semplicità), ma sto dicendo che devi sempre tenere a mente qual è l’obiettivo centrale della tua comunicazione, senza allontanarti dal mozzo!
Ricordo che abbiamo scritto un’e-mail in cui descrivevamo l’essere empatici. Allora l’abbiamo sviluppata così.
Prima di tutto ci siamo chiesti, qual è il mozzo? L’importanza di essere empatici.
E poi come abbiamo svolto il nostro compito? All’inizio abbiamo definito cos’è l’empatia, poi abbiamo definito la sua importanza nelle azioni con il donatore, poi abbiamo definito gli ostacoli principali all’empatia, poi abbiamo definito altre 4, 5, 6 regole che aiutano a sviluppare l’empatia…
L’intera e-mail era dedicata all’empatia, il mozzo era l’empatia e i vari raggi erano collegati all’empatia.
Quindi quando parlo di mozzo non sto parlando di una caratteristica particolare, perché un’e-mail potrebbe essere complessa, lunga, semplice, emotiva, razionale (quello lo vedremo a seconda dei bisogni).
Quello che conta invece è che l’e-mail abbia un solo, chiaro, semplice, obiettivo. Il nostro mozzo, appunto.